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Un dono "di...vino"

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Vitigni

Boom nazionale ed internazionale

Giovanna Laguardia

26 Settembre 2018

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L’agricoltura è il vero motore della Basilicata: il settore primario è fondamentale per l’economia lucana, con i suoi novecento milioni di euro di Pil (il doppio della media nazionale) e centomila unità impiegate fra addetti diretti e indiretti su 570mila a abitanti.

In questo ambito la viticoltura, principale coltura legnosa della regione insieme all’olivo, è un settore trainante. Principe dei vini della Basilicata ed ambasciatore della lucanità nel mondo è l’Aglianico del Vulture: un vino corposo ed avvolgente pur con le sue spigolosità, che rispecchia davvero l’anima del popolo che lo ha creato. Ha pagato per lungo tempo lo scotto di una atavica difficoltà dell’agricoltura lucana ad uscire dai propri confini. Un particolare che ha condizionato (eper alcuni versi ancora condiziona) la diffusione dei prodotti agricoli made in Basilicata in Italia e all’estero.

Molti dei 17 prodotti che costituiscono il paniere lucano dei marchi europei di qualità hanno ancora difficoltà a stare sul mercato. Ma l’Aglianico del Vulture, con il riconoscimento della Denominazione di origine controllata nel 1971 e ancor di più con la prestigiosa Docg arrivata nel 2010, si è imposto all’attenzione degli esperti e dei consumatori italiani ed esteri. Oggi come oggi sono oltre una trentina i produttori che con le loro etichette deliziano i palati di esperti ed appassionati, suddivisi tra i vari paesi che compongono l’areale di produzione: Rionero in Vulture, Barile, Rapolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania. Ma l’Aglianico è un vitigno antichissimo. Secondo le tesi più accreditate venne introdotto in Italia dai greci. L’appellativo potrebbe derivare dal nome dell’antica città di Elea, oppure da progenitori greci che presero il nome di Hellenici. Da quel momento in poi la storia dell’Aglianico del Vulture si è intrecciata in maniera indissolubile con quella della Basilicata. Fino ad arrivare ai giorni nostri.

L’Aglianico resta il vino lucano a marchio europeo più largamente coltivato in Basilicata: alla metà di questo decennio rappresentava quasi la metà della superficie vitata in Basilicata e oltre l’ottanta per cento delle superfici a denominazione di origine. La Basilicata, comunque, vanta anche altre eccellenze nel settore vitivinicolo, e, soprattutto, si sta distinguendo come una delle regioni dove il buon bere va d’accordo col bere sano, visto che è una delle principlai fautrici del vino “bio”.

Le altre doc lucane sono il Terre dell’Alta Val d’Agri, la cui zona di produzione comprende l’intero territorio dei comuni di Viaggiano, Grumento Nova e Moliterno, il Grottino di Roccanova, così denominato per il processo di maturazione che avviene nelle caratteristiche grotte-cantine del piccolo paese lucano, e il Matera Doc, il più giovane dei vini lucani a marchio europeo (la denominazione è arrivata nel 2005), che viene coltivato e prodotto nell’intero territorio della provincia di Matera.

Ai “magnifici quattro” si aggiunge, poi, la denominazione Igt Basilicata. Il 2017 si è chiuso con una produzione vinicola di oltre 90 mila ettolitri, di cui il 35% composto da vini DOP e il 28% da IGP. Ben 6 bottiglie su 10 (il 63% della produzione regionale) sono vini DOP o IGP, per un totale di quasi 58 mila ettolitri di prodotto . Non solo. è oggi la prima Regione in Italia nella produzione di vino bio, con una crescita record del 97,6% (la più alta nel Paese) ed è al top in Italia anche per la specializzazione della superficie di territorio dedicato alla coltivazione di vino biologico pari al 52%, superando i mille ettari. Quest’anno dovrebbe andare ancora meglio: le piogge di agosto e le temperature miti di settembre costituiscpono condizioni quanto mai favorevoli per la vendemmia: per Coldiretti Basilicata quest’anno si preannuncia con una produzione di buona qualità stimata in aumento tra 10% e il 20% rispetto allo scorso anno.

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