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La città dei piccoli numeri

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Potenza

Una città di piccoli numeri in una regione di piccoli numeri

Giovanni Rivelli

26 Settembre 2018

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Una città di piccoli numeri in una regione di piccoli numeri. Il problema di Potenza, come quello della Basilicata, è forse questo. Ma quei piccoli numeri possono essere utili a descriverne il contesto.

67.211 Il numero dei residenti a Potenza, al 31 dicembre 2017 è questo qui. Ed è il punto di partenza per provare a leggere una città. Se leggiamo il dato nel tempo troveremo un andamento altalenante e un rammarico. Degli ultimi 10 anni la metà si è chiuso con un saldo della popolazione attivo a fronte di altrettanti col segno passivo, ma in totale si sono persi 802 residenti. Sembra allontanarsi il sogno di raggiungere quota 70mila, accarezzato sul finire dello scorso millennio quando, a conclusione di un secolo in continua crescita (al censimento del 1901 i potentini erano 16.163) si giunse (dati 2001) a 68.70 residenti.

23.11.1980 È la data che segna in qualche modo uno snodo. Alle 19.34 un terremoto di magnitudo 6.9 lungo 90 secondi colpì una vasta area della Basilicata e della Campania. A Potenza si contarono 12 morti, ma in una città cresciuta in fretta grazie alle persone arrivate dai centri vicini i 146 lutti della provincia si sentirono tutti, da quelli per le 77 vittime della chiesa di Balvano, tra cui 66 bambini e ragazzi, alle 21 bare di Muro Lucano e Pescopagano, alle 11 di Castelgrande. E a Potenza si pianse anche ogni singolo campanile, ogni singola casa crollata come perdita di una identità. Quella vicenda, però, diede «benzina», alla crescita. La ricostruzione abitativa, la realizzazione di infrastrutture, la industrializzazione fecero perno sulla città portando una crescita economica inaspettata.

219/81 Il numero corrisponde a quello della legge che ha «illuso» i lucani. Perché col dopo-terremoto arrivarono le speranze che quell’evento potesse diventare occasione di riscatto. Così la legge 219 del 1981 (prima di una serie di provvedimenti analoghi) promise industrializzazione. Ma se i circa mille miliardi utilizzati per finanziare la partenza di industrie nelle aree lucane finanziarono 107 aziende, oggi ne restano 50 e degli oltre 6mila occupati previsti, in realtà trovarono lavoro stabile solo poco più di un quarto.

1.170 I metri di lunghezza delle scale mobili di Potenza, oltre a consegnare l’effimero risultato di città europea con il sistema di trasporto meccanizzato più lungo, rappresentarono una risposta a una città che, anche a seguito della ricostruzione, cresceva anche se, rispetto all’ideazione avvenuta mentre Potenza era in fase di espansione, l’ultimazione, nel 2010, vedeva già la città in fase di stanca. E 8 anni dopo sembra la città paghi quasi quell’alterigia. Orari ridotti, impianti fermi per guasti, difficoltà economiche nel gestire quelle strutture capaci di trasportare 18mila passeggeri l’ora a fronte dei «piccoli numeri» della città. E la mancanza di collegamenti crea una frattura nel tessuto urbano.

36 I negozi che hanno chiuso nel centro storico di Potenza negli ultimi 2 anni sono questi, più di uno al mese. Quella zona dove era impossibile trovare un buco per aprire un’attività oggi è l’ombra di sé stessa, buia per le troppe vetrine che si sono spente, costellata di cartelli «fittasi» che il tempo rende penzolanti dai vetri nonostante un drastico calo dei canoni. È il simbolo della crisi del centro, un tempo «salotto buono della città, ormai slegato dalle zone di espansione, in perenne attesa di un rilancio.

212 Nel 2006 Potenza ha festeggiato i due secoli da capoluogo di regione. I circa 8.500 abitanti dell’epoca che portarono i francesi a spostare il centro amministrativo regionale da Matera oggi sembrano un’inezia. Ma se Potenza dopo oltre un secolo vede la propria consistenza arretrare, l’altro capoluogo lucano, Matera, continua la sua crescita ininterrotta ad ogni censimento dal 1861 e oggi ha ancora «benzina» per quel ruolo di Capitale Europea della cultura che si accinge a spendere nel 2019. Potenza, invece, cerca un progetto e energie per sostenerlo dopo due dichiarazioni di dissesto delle casse comunali, nel 1993 e nel 2014. Quei due secoli e passa di titolo vanno riempiti di contenuti. Lo sanno tutti. Ma nessuno ha la risposta.

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