Nitti e Giolitti
Raffaele Nigro
25 Settembre 2018
Il Meridionalismo lucano ha conosciuto in un secolo e mezzo di vita varie forme di intervento e di riflessione. Io partirei da quella fonte di informazioni sulla vita sociale, culturale e antropologica che Enrico Pani Rossi consegna al saggio del 1868, La Basilicata libri tre. Studi politici, amministrativi e di economia pubblica. Il libro ha una funzione politica precisa, avvertire il Governo di quali sono le condizioni della Basilicata, in modo da intervenire in temi di ricostruzione e di aiuto. Il volume aprì alla serie di inchieste che faranno Massari, Azimonti, Jacini, Zanardelli. Ma aprì anche agli interventi di Giustino Fortunato e di Francesco Saverio Nitti. Come ebbe a scrivere Indro Montanelli, Fortunato fu «Il più grande e illuminato studioso del Meridione». Agì su due versanti, quello dell’analisi politico-economica e quello della cultura. Il progetto era di ricostruire le “fortune civili della patria”, ragione per cui scavò negli archivi per dettare le linee della storia dei paesi di Vitalba: Rionero medievale, Atella, Lagopesole e operò perché nascessero le ferrovie ofantine. Ebbe tra gli amici, Benedetto Croce e Napoleone Colaianni e fece da supporto alle riflessioni di grandi politici nazionali, da Gobetti a Manlio Rossi Doria e pure in una linea liberal conservatrice che gli impedì di schierarsi sia con la Destra che con la Sinistra, si batté affinché le questioni del Mezzogiorno fossero sempre al centro del dibattito parlamentare e avessero un luogo di discussione costante in quell’Associazione per gli interessi del Mezzogiorno, fondata insieme a Leopoldo Franchetti. Amico e allievo di Fortunato fu Nitti, che ebbe per il Mezzogiorno delle idee propositive e interessanti. Affrontò la questione del dislivello economico tra Sud e Nord e criticò il modo in cui era avvenuta l’unità nazionale, la ricchezza del Nord fu prodotta prevalentemente dai sacrifici del Sud, che fu mantenuto dal Governo come “feudo politico”. Tuttavia il Sud aveva avuto una classe politica mediocre e disonesta, fatta di uomini che avevano badato esclusivamente ai propri interessi. La questione meridionale di Nitti si rivolse a Napoli, dove promosse la nascita dello stabilimento Ilva per l’acciaio. In Basilicata creò l’Istituto Zootecnico di Bella e la Società di Energia elettrica a Muro Lucano. Convinto tuttavia che occorresse il rafforzamento dell’Unla, l’Unione Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo.
Intanto nasceva a Melfi un Partito Socialista rivoluzionario guidato da Attilio Di Napoli e che antifascista come lo era Nitti, mostrava una strada necessaria per combattere il feudalesimo e dare dignità al proletariato.
Una seconda modalità di intervento in difesa del Mezzogiorno venne dalla presenza di confinati politici sul territorio lucano. Tra i tanti, cito Manlio Rossi Doria a Melfi, un economista, e soprattutto Carlo Levi ad Aliano. Levi raccontò la condizione dei contadini in un luogo irraggiungibile ed estremo, descrisse in Cristo si è fermato a Eboli i nove mesi di confino, un romanzo che venne tradotto in tutto il modo e che risvegliò l’attenzione della scuola sociologica degli Stati Uniti. Friedman, Banfield vennero in Basilicata, descrissero Matera e le sue disperate condizioni urbanistiche e ambientali, aprendo una linea di meridionalismo assolutamente nuovo. Una linea che richiamò le attenzioni dell’Antropologia culturale. Ernesto De Martino realizzò ripetute campagne etnografiche, portando con Sud e magia a conoscenza del mondo intero le condizioni di arretratezza del mondo lucano. L’assenza di medicina che Levi aveva denunciato si tradusse in analisi della magia popolare e se Franco Pinna rimarcò in fotografia gli attori di quella cultura, Diego Carpitella registrò la musica, i canti, le historiole magiche.
Dall’interno della regione anche la letteratura si fece viva e Scotellaro, Sinisgalli, Pierro denunciarono i ritardi sociali e politici attraverso la poesia, la lingua del popolo quotidiana e arcaica, il lamento funebre e la cultura della morte. Mentre Carolina Rispoli descrisse il modo di vivere delle ragazze da marito, la distanza del mondo femminile lucano dal lavoro retribuito e la sua designazione a centro vitale della famiglia, lei, la torre che non crolla. Mentre Pasquale Festa Campanile raccontava la nascita del Partito Socialista e Vito Riviello approdava a una poesia dissacrante e ironica, in cui tutta la vita politica diventava uno spettacolo teatrale, Lina Wertmuller descriveva i ritardi di una piccola borghesia balorda e intrappolata in un mondo senza futuro e senza speranze. Su un versante saggistico operava intanto Tommaso Pedio, nipote del meridionalista Ettore Ciccotti. Pedio utilizzava l’aspetto storicistico di Fortunato e scavando negli archivi lucani ricostruiva la storia della storiografia regionale, la storia del 1799,i ritardi causati dai Borbone. Ma occorreva la divulgazione non solo delle condizioni economiche della Lucania, occorreva mostrarne le bellezze, le montagne irraggiungibili, i luoghi del silenzio. Certamente fu Emilio Colombo colui che si preoccupò di costruire le strade di fondovalle che salivano da sud a nord della regione, provò a rilanciare l’economia di Potenza con un interporto a Tito. Fu la Gazzetta del Mezzogiorno a raccontare la cronaca della Basilicata, mentre uomini come Cesare Brandi, Michele D’Elia, Dinu Adamesteanu diffusero sui quotidiani del Nord l’immagine della regione come patria della Magna Grecia e dell’architettura normanna e sveva. Dopo di loro vennero i nuovi narratori, provarono a raccontare la Basilicata dall’interno. Cappelli, Sammartino, Lupo, Di Consoli, la Venezia hanno descritto la loro regione con occhi nuovi, nel tentativo di inserirla in una modernità in via di formazione, ironizzando sulle ricostruzioni dei terremoti, delle inchieste parlamentari, della nascita di strade. Matera 2019 è l’ultima tappa di questa progressione nella diffusione di un paesaggio bello e arcaico, in una regione che passa attraverso la scoperta del petrolio e la canalizzazione dell’acqua potabile dalle sorgenti dei fiumi ai paesi del Salento. Un mondo nuovo o come disse Scotellaro :l’alba è nuova. Un’alba che tuttavia ha da lottare con la fuga dei giovani e con lo spopolamento. Ma questo è un tema che tocca tutti i centri dell’Appennino e l’intero Mezzogiorno e per il quale occorrerà scendere in campo con un nuovo meridionalismo.
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