Un party a cielo aperto tra le colline della Murgia, con la storia della dance anni '90: domani 11 agosto Alexia arriva a Poggiorsini, ospite d'onore della Festa Patronale della Madonna SS. Maria Addolorata in piazza De Gasperi, e porterà il suo Festival Tour che da maggio sta infiammando Italia ed Europa. Ma non solo: il 19 dicembre l'appuntamento è al Palacio de los Deportes di Città del Messico, dove Alexia sarà tra i protagonisti di «The Best of I Love Dance», mentre il 26 marzo 2026 il Fabrique di Milano ospiterà il concerto-evento «The Party – Back to the Dancefloor», per una notte indimenticabile che ripercorre una carriera libera, che ha attraversato generazioni e confini, con oltre 5 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.
Partiamo dalla cronaca, già quest'estate si è trovata a passare dalla Puglia per diversi appuntamenti, che ricordi ha della nostra regione?
«L'ho visitata spessissimo, quando si fa questo mestiere capita di essere in posti pazzeschi ma di non avere tempo di girare o assaporarne le bontà. Però ogni volta che passo dalla Puglia la trovo sempre accogliente, c'è tanta storia, il mare splendido...».
È un'estate di grande movimento, sta girando tanto, come procede?
«Devo dire che ormai è quasi un'abitudine, ho passato solo due anni della mia vita senza lavorare, quando ebbi la mia seconda figlia e l'estate successiva alla pandemia. Diciamo che dopo il lockdown ho dovuto fare un po' di riflessioni, non ero convinta di andare avanti, non avevo forse realizzato quante cose avessi ottenuto nella mia vita, traguardi di vita personale e professionale, e invece poi la passione ha avuto la meglio, quindi è un'altra estate di conferme e incontri con il pubblico, di tutti i tipi».
Proprio il pubblico, chi è lo «spettatore-tipo» dei suoi concerti?
«Lo zoccolo duro è formato da trentenni-quarantenni, però comincio a notare anche i più giovani che riscoprono questo genere di musica, magari mi conoscono ai festival e vanno a ripescare la musica dagli anni '90, qualcuno nuovo l'ho conquistato».
Del resto lei è un'icona della dance di quegli anni, secondo lei oggi lo stato di salute della musica dance qual è?
«Se parliamo dei dj sono le nuove star, stanno benissimo, sono veramente fortunati: hanno un magic touch, qualsiasi cosa facciano diventa intergalattica, quindi è una situazione molto sana. Per quanto riguarda la dance che si ascolta anche in radio, forse oggi ci sono meno idee perché il mercato si è frammentato, si passa dalla pop-dance all'afro-dance, c'è più offerta ma bisogna trovare la via giusta per accedere».
Come i tanti nomi della dance made in Italy di quegli anni, il suo successo poi è arrivato anche oltreoceano, tanto che tra qualche mese sarà in Messico...
«È una grande emozione, quelli dell'America Latina sono paesi dove la gente mi ama moltissimo. È anche un atto di coraggio nell'accettare di fare voli così lunghi, da quando sono diventata mamma questa cosa mi pesa un po', ma è un appuntamento al quale non potevo mancare».
Il suo ultimo singolo, «Follow», parla dei social e della rincorsa ad essere seguiti, senza capire se chi ti segue ti apprezza veramente. Lei che rapporto ha con le piattaforme?
«È moderato, con tutta la buona volontà non riesco a farmi appassionare. Cerco di sfruttarlo come mezzo di lavoro, perché vedo che c'è un riscontro. Anni fa era più difficile comunicare quando facevi certe cose, però cerco di non farmi appiattire il cervello. Anche se i miei minuti la sera me li ritaglio e l'algoritmo mi conosce molto bene, mi mostra gattini, cagnolini e neonati».
Una carriera bellissima che ancora continua con successo. C'è qualcosa di cui è particolarmente orgogliosa?
«Sicuramente di non aver mollato. Parliamo di un genere particolare, c'è stato un impatto forte dopo Sanremo, la partecipazione con "Dimmi come" mi regalò un'esposizione incredibile: era uscita in un momento azzeccato, dopo Anastacia che aveva riportato in alto il soul e il rhythm&blues, fu un po' pionieristico, e non era facile ripensare un percorso dopo un brano così. Ho fatto una dichiarazione d'intenti precisa: canto, produco, faccio un certo tipo di cose, e non sempre vengono accettate dal pubblico. Però non ho mai mollato definitivamente, anche quando non c'erano spazi. Perché può succedere nella carriera artistica che per te non esista più uno spazio. Ma non bisogna mai mollare la propria identità».