L'affetto del pubblico l'ha sostenuto anche dopo lo stop obbligato dovuto alla paralisi di Bell che lo ha colpito al volto, per fortuna in una forma reversibile che non lascerà tracce. Ma ora Simone Cristicchi è tornato a riabbracciare il palco con il Summer Tour «Dalle Tenebre alla Luce», un fitto calendario estivo che fa tappa anche in Puglia, giovedì 7 agosto a Mesagne, in piazza Orsini del Balzo per lo Stupor Mundi Festival, e - notizia degli ultimi giorni - sabato 13 settembre a Zapponeta (Fg), in piazza Aldo Moro per il Blu Festival. Sul palco con lui, oltre alla storica band (Riccardo Corso – chitarre, mandolino e bouzuki, Andrea Rosatelli – basso e contrabbasso, Riccardo Ciaramellari – pianoforte, fisarmonica e tastiere Valter Sacripanti – batteria e percussioni), anche lo Gnu Quartet (Stefano Cabrera – violoncello, Raffaele Rebaudengo – viola, Francesca Rapetti – flauto traverso, Roberto Izzo – violino), ensemble raffinato che riesce a mescolare musica da camera ed energia del rock d’autore, in perfetto equilibrio tra eleganza e sperimentazione. Gli spettacoli, organizzati da IMARTS - International Music & Arts, propongono una selezione dei brani più rappresentativi del suo percorso, da «Ti regalerò una rosa» a «Studentessa Universitaria», passando per «Meno Male (Che c’è Carla Bruni)», e il recente «Quando sarai piccola», in gara all'ultimo Sanremo.
Cristicchi, innanzitutto come sta, dopo quello che è successo?
«Sto bene, sono molto felice perché la guarigione procede, sto seguendo tutte le cure e non voglio arrendermi, non potevo rinunciare al tour per i vent'anni di carriera. Ho provato e preparato tutto nei minimi particolari, la forza che il pubblico mi ha dato anche da lontano mi è arrivata tutta, ne avevo davvero bisogno. Sto facendo ogni sforzo possibile per esserci al meglio».
«Dalle tenebre alla luce» è un titolo potente: cosa rappresenta questo viaggio, dal punto di vista personale e artistico?
«È senz'altro metafora della vita, dell'esistenza, mi sono rifatto al genio di Dante e alle tre fasi della Divina Commedia, si parte dal dolore e dall'osservazione di queste ombre che assalgono, poi c'è il Purgatorio, la fase intermedia in cui però inizia la catarsi, e infine la parte secondo me più difficile, quella del riuscire a purificarsi, fino ad arrivare al Paradiso, che è quel desiderio di gioia e felicità, la tendenza dell'uomo all'infinito, all'immortalità. Ultima fase, ecco il senso di completamento, arriva indietro tutta l'energia da cui si è stati generati».
La collaborazione con lo Gnu Quartet aggiunge un tocco interessante ai live, che valore aggiungono?
«Li ho incontrati vent'anni fa, poi abbiamo cominciato a collaborare dal 2010 e da lì non ci siamo mai più divisi. Il loro valore aggiunto è senz'altro la presenza, sia scenica che musicale, che si va a innestare in tutta l'architettura storica e classica della band che porto da sempre con me. È un concerto molto musicale, mi è piaciuto riarrangiare brani vecchi e nuovi, e attraversiamo tanti generi musicali. Diciamo che in teatro tendo a fare musica più "seriamente", su palchi di questo tipo mi diverto, tra punk, rock, jazz, bossa nova e perfino musica da camera».
Il pubblico la segue con affetto: ha raccolto nuovi fan dopo Sanremo?
«Devo dire di sì, soprattutto più giovani. Per il resto, il pubblico non l'ho mai abbandonato, pochi giorni dopo la fine del Festival ero già in teatro con lo spettacolo "Franciscus", dedicato a San Francesco, che ha avuto un riscontro eccezionale. Ma è un tipo di pubblico che non sempre guarda Sanremo».