Martedì 21 Ottobre 2025 | 21:26

«Nessuna scaramanzia, prima di salire sul palco faccio stretching. Topo Gigio? Ci siamo sentiti...», Lucio Corsi racconta il suo Eurovision

«Nessuna scaramanzia, prima di salire sul palco faccio stretching. Topo Gigio? Ci siamo sentiti...», Lucio Corsi racconta il suo Eurovision

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Nessuna scaramanzia, prima di salire sul palco faccio stretching. Topo Gigio? Ci siamo sentiti...», Lucio Corsi racconta il suo Eurovision

foto Sarah Louise Bennett

In collegamento da Basilea, il rappresentante dell'Italia con «Volevo essere un duro» svela le emozioni di questa settimana, «rivoluzionario» tra armonica a bocca e sottotitoli

Venerdì 16 Maggio 2025, 09:07

La sua «semplicità» forse spicca nel contest più «eccessivo» e talvolta «kitsch» del panorama, «Ma non mi sento "sfavorito", a me interessa portare una cosa che non inganni me stesso, devo poterla replicare dal vivo, non costruisco in base al contenitore». È questa la sintesi dell'avventura di Lucio Corsi a Eurovision 2025, rappresentante dell'Italia in gara con «Volevo essere un duro» - secondo posto all'ultimo Festival di Sanremo. La «piccola rivoluzione musicale» di cui è senz'altro simbolo, cantautore inconfondibile, uguale solo a se stesso nella sua disarmante chiarezza, è visibile anche sul palco di Basilea, dove domani 17 maggio disputerà la finale (l'Italia era già qualificata) e da settimane sta facendo parlare di sé per quell'armonica a bocca, primo strumento dal vivo sul palco eurovisivo da 27 anni. «La voce non deve essere in playback - racconta alla Gazzetta in collegamento direttamente dalla Svizzera - e l'armonica finisce nello stesso microfono, senza amplificazione. Gli strumenti musicali, per me, sono anche parte della scenografia, in tour sarà lo stesso, perché è l'ambiente in cui ci sentiamo a nostro agio».

Appassionato vero, Corsi non ha fretta di «promuovere» la performance, tanto da «dilungarsi» nella descrizione della sua amata Rock Oval, la stessa chitarra usata a Sanremo, soprannominata «Excalibur»: «Guccini definiva queste chitarre di Wandrè "chitarre magiche", diceva che se fai l'errore di prenderle in mano rischi di perderti e non ritrovarti più. Ho conosciuto anche chi le dipingeva, con il fumo di una candela, una diversa dall'altra. Qui a Eurovision nella resa televisiva c'è una color correction desaturata, non rende il colore effettivo dello strumento». La stessa delicatezza visionaria che caratterizza ogni suo progetto artistico la utilizza per descrivere anche il primo approccio con il pubblico dell'arena St. Jakobshalle, che domani lo vedrà esibirsi a metà gara, quattordicesimo in scaletta: «C'è tanto allenamento, si fanno tante prove, un bel lavoro di luci e inquadrature. Poi sul palco con me c'è sempre Tommaso Ottomano, un fratello più che un amico, che è anche un regista che ammiro molto, mi fido del suo occhio. La classifica non mi interessa, amo lo sport e la competizione, ma come si fa a "gareggiare" in musica?».

In perfetto stile eurovisivo sicuramente, la «fratellanza» con gli altri rappresentanti dei paesi: «Mi piace molto il brano del Portogallo, dei Napa. È bello che ognuno di noi porti la sua idea di musica, il suo modo di intendere le canzoni in libertà». La stessa libertà che lui, per esempio, ha avuto di inserire i sottotitoli in inglese nella sua esibizione:«Abbiamo tradotto il testo in maniera semplice e immediata, perché fosse compreso da tutti. Quest'anno c'è un record di venti lingue diverse in gara: è bello che ognuno si esprima con i suoi suoni e le sue peculiarità. Ma forse quest'idea dei sottotitoli renderebbe tutto più comprensibile, così come la possibilità di esprimersi con uno strumento dal vivo. Magari ne gioverebbe Eurovision stesso». Sicuramente il pubblico ha apprezzato (l'iniziativa ha riscosso successo sui social), e la canzone, pur essendo uscita a febbraio, continua a raccogliere consensi. Tanto che alla domanda «Se tu da giovane avessi potuto ascoltare "Volevo essere un duro", cosa avresti pensato?», Corsi risponde: «Ribalterei il quesito al contrario, ai giovani andrebbe data più fiducia, andrebbero ascoltati loro. Io a 17 anni... chissà cosa mi passava per la testa! Forse avrei detto che non era abbastanza prog, perché suonavo nel gruppo prog». Insomma, «tutta l'Italia» (cit.) tifa per Lucio, che in estate sarà in giro e tornerà anche in Puglia (10 agosto - Locus Festival, Locorotondo - Ba, 11 agosto - Cave del Duca, Lecce): «Ma prima di esibirmi non ho grandi riti scaramantici, faccio un po' di stretching. Ho riportato sul palco la scarpa con la scritta "Andy" sulla suola perché ritorna quel senso di universalità, il rimando a Toy Story e alla colonna sonora di Randy Newman. Con Topo Gigio ci siamo sentiti, è sempre molto impegnato, ma domani sarà in collegamento. Insomma, in pochi mesi non sono cambiato più di tanto».

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