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«Beyond the Sky», percorso di crescita di Pippo D'Ambrosio

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

«Beyond the Sky», percorso di crescita di Pippo D'Ambrosio

È il quinto album a suo nome, nuovo capitolo di un percorso di crescita e ricerca affrontato con saggia riflessività

Martedì 08 Agosto 2023, 09:52

In un’epoca in cui – al netto dei negazionismi - l’emergenza climatica si propone come una tematica cogente, una riflessione in musica sulla capacità di “autogoverno” dell’Universo e su quell’elemento di caos che è sempre più facilmente riconducibile ai comportamenti dell’uomo ci viene proposta dal batterista e percussionista barese Pippo D’Ambrosio con il suo “Beyond the Sky”, edito dalla dinamica etichetta A. Ma. Records di Antonio Martino. Per i frequentatori della jazz life pugliese, il nome di D’Ambrosio è sicuramente familiare: da lungo tempo partner del gruppo vocale delle Faraualla, è anche componente dei Pinturas, la band guidata dal sassofonista Roberto Ottaviano, per non dire ovviamente delle numerose altre avventure sonore che nel tempo gli hanno consentito di arricchire la sua arte percussiva di idee, sfumature, collegamenti presi a tutto campo dai più svariati linguaggi musicali.

“Beyond the Sky” è il quinto album a suo nome, nuovo capitolo di un percorso di crescita e ricerca affrontato con saggia riflessività, senza mai premere su quell’acceleratore della visibilità mediatica che spesso spinge molti artisti a marcare il passo pur di ribadire la propria presenza nell’agone musicale.

E questo atteggiamento “filosofico” ben si sposa con l’idea di un album nel quale l’impegno, la presa di coscienza del ruolo di artista nella società contemporanea non vengono mai declinati con spirito barricadero, ma piuttosto con un invito alla ricerca dell’equilibrio che è anche frutto di una maturità di individuo prima che d’artista (del resto, D’Ambrosio ha 58 anni).

I dieci brani in scaletta, tutti a firma di D’Ambrosio, recano titoli di derivazione astronomica che vanno dall’iniziale “Milky Way” a “Black Holes”, “Cassiopeia”, “Andromeda” o “Sirio”, ma al di là della inevitabile suggestione linguistico-scientifica, delineano un percorso compositivo caratterizzato da un jazz autorevole e maturo, ben incardinato nei linguaggi dei nostri tempi, eppure a tratti ricco di riferimenti e sfumature di taglio storico-estetico che la dicono lunga anche sul percorso di formazione dell’autore.

Un percorso, per intenderci, nel quale le frequentazioni etniche vanno di pari passo con la conoscenza di quel genere modale post bop che trovò in Wayne Shorter – e in album quali “Night Dreamer” o “Supernova”, per restare ancorati a tematiche “spaziali” – uno dei suoi autori e interpreti più ispirati. La buona prova di D’Ambrosio può del resto avvalersi di partner di tutto rispetto, a cominciare dal sassofonista Gaetano Partipilo, un solista “da esportazione” che arricchisce i brani col sound sempre dinamico e grintoso del suo contralto, dalle più che autorevoli evoluzioni solistiche.

Eugenio Macchia al pianoforte e al synth offre agli ascoltatori un’ottima prova e li lascia con il desiderio di riascoltarlo in un progetto tutto suo, mentre il contrabbasso di Giorgio Vendola – che con D’Ambrosio milita nei Pinturas – è l’ideale timone armonico per la registrazione. Una musica che, in sintesi, suona come un invito a far sempre parte dell’armonia dell’Universo, evitando il più possibile di creare delle “stonature”.

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