Usare il pianoforte per dipingere immagini sonore. La prima sensazione che si prova nell’ascoltare il pianista barese Kekko Fornarelli è appunto quella di una musica dalla forte capacità descrittiva, di melodie che sembrano materializzarsi fino a diventare fisicamente delineabili nella fantasia dell’ascoltatore, una qualità questa che era già emersa in passato – si pensi al bel progetto orchestrale Soundtrack, presentato dal vivo un anno fa al festival barese «Notti Sacre» – e che ora diventa ancora più evidente in Naked, ottavo album del Nostro edito dalla sua Eskape Music con il sostegno di Puglia Sounds.
Per questa sua nuova fatica discografica, Fornarelli ha scelto prevalentemente la formula del pianoforte solo, proponendosi con dieci tracce in gran parte a sua firma nelle quali si mette in luce non solo come solista capace di cesellare delicate sfumature, ma anche e soprattutto come autore dal linguaggio estremamente efficace.
Fatta infatti eccezione per il rarefatto The Flame, del chitarrista Walter Beltrami, il resto della scaletta propone tutti brani originali, inclusa una nuova versione del toccante Ask the Dust, tratto dal precedente album Anthropocene e dedicato alla memoria del chitarrista Rino Arbore, la cui scomparsa ha ispirato più di un musicista barese.
Venendo quindi al novero delle nuove composizioni, si può ben dire che Fornarelli abbia scelto la strada del lirismo più diretto e sincero per continuare a proseguire il proprio percorso autoriale nella direzione di un pianismo contemporaneo che non teme per nulla l’idea di confrontarsi con la melodia, ma al contempo riesce a tenersi a «distanza di sicurezza» dai modelli più alla moda che ispirano sin troppi solisti alla ricerca di visibilità e facili consensi.
Sotto questo aspetto, non è sbagliato affermare che, nel suo approccio compositivo quasi «cinematico», Fornarelli realizzi delle ideali «romanze senza parole» del terzo millennio, la cui funzione narrativa diventa sempre più forte ed evocativa proprio per la loro capacità di ispirare immagini fantastiche mutevoli in funzione delle diverse sensibilità di ascolto, come in una traduzione sonora delle celebri immagini dei test di Rorschach.
Lasciando quindi ai Lettori il gusto dell’ascolto e della scoperta, ci si limiterà a indicare pochi titoli a partire dal bel 28 Days, unica traccia in cui Fornarelli affida il «canto» alla voce intensa del violoncello di Redi Hasa, costruendogli intorno una figura ridondante che sembra come voler descrivere lo scorrere del tempo, inesorabile e sempre uguale, anche quando ci sembra di percepirlo diversamente in forza dei nostri personali stati d’animo.
E se le melodie ridondanti, dall’andamento vagamente malinconico, permeano buona parte dei brani, si pensi a S.U.D., Fairy Lullaby o alla delicata Naked, la vivace, dinamica Bitter Blood inserisce una apprezzabile, salutare variazione di atmosfere.
Al centro di un lungo tour europeo tenutosi a cavallo tra primavera ed estate, Naked tornerà prossimamente in scena anche dall’altra parte dell’Oceano grazie a una serie di concerti che Fornarelli terrà in Australia e Sud Asia.