È il personaggio del momento: autoironica, vulcanica, piena di gratitudine per le fortune che le hanno regalato vita e carriera. Orietta Berti a 78 anni sta vivendo un periodo professionale splendente: dopo il successo all’ultimo Sanremo, che l’ha avvicinata anche ai più giovani (l'ormai famosa gaffe, quando ribattezzò i Maneskin «Naziskin» è passata alla storia), ora sta scalando le classifiche con Mille, tormentone dell’estate insieme a Fedez e Achille Lauro. E in questi giorni è in Puglia, ma non per le vacanze (non ne fa da cinque anni): dopo l’impegno a Otranto con «Battiti Live», domani, 28 giugno, sarà a Parabita, in provincia di Lecce, ospite dell’11esima edizione del Salento Book Festival, la rassegna letteraria ideata e organizzata dal giornalista e autore tv Gianpiero Pisanello che anima tutte le estati salentine. L’appuntamento con Orietta Berti è alle 20,30 nel cortile della Basilica della Madonna della Coltura con la presentazione della sua autobiografia, Tra bandiere rosse e acquasantiere (Rizzoli), intervistata da Don Guido Colombo. Un viaggio tra i successi di una delle voci più popolari della canzone italiana, con inediti aneddoti d’adolescenza e sedici pagine di fotografie rare.
Un’infanzia segnata, in un certo senso, anche dalla politica
«Mia mamma era un’attivista, sorella di un partigiano, molto orgogliosa del partito. Oggi la gente è più disincantata, in quell’epoca si vedeva una speranza per il futuro, una luce per l’avvenire. Se si apparteneva, come me, a una famiglia “rossa”, si andava in chiesa a Natale, a Pasqua, alla festa patronale, l’Emilia era così. Ho avuto un’infanzia serena, noi bambini eravamo liberi, andavamo su e giù con le biciclette, via al mattino fino a mezzogiorno (e se facevamo tardi le prendevamo!), e poi ancora fino al tramonto. Sono stata amata e coccolata, avevo tanti amici, non come adesso che si frequenta solo il compagno di banco, eravamo grandi comitive, facevamo i compiti insieme, c’era tanto divertimento. Ma uno se ne accorge solo da grande».
In Puglia in tante occasioni, ha un ricordo particolare?
«Il più bello è il matrimonio di Alberto Anelli a Bari, che ha scritto “Tu sei quello”, canzone che ha dato un po’ il via alla mia carriera, e con cui ho vinto nel 1965 “Un Disco per l’Estate”. La Puglia fa parte della mia vita, non solo artistica, con Anelli siamo rimasti in contatto e oltre ad aver composto canzoni anche per Mina e altri grandi nomi, mi ha regalato “Amore e disamore”, contenuta nel mio ultimo album. È gentile e rispettoso come tutti i pugliesi che ho conosciuto, poi in questa regione avete posti incantevoli. Soprattutto sapete restaurare l’antico, giro tutta l’Italia, vedo panorami bellissimi accanto a case diroccate, invece in Puglia è un fiorire di masserie ristrutturate, c’è tanta cura per il territorio».
Nonostante la pandemia sta vivendo un momento d’oro. Qual è il suo segreto?
«Dopo l’uscita del libro ho avuto una vera rinascita. Arrivare al pubblico dei giovani, anche grazie a Sanremo, dopo 29 anni, con una canzone classica, è una bella soddisfazione. Lì ho incontrato Fedez che mi ha proposto il progetto estivo, mi disse che aveva pronto un brano con un inciso perfetto per la mia voce. L’ho ascoltata, ho fatto i provini ed è nata Mille, poi con Achille Lauro abbiamo creato un vero “terno al lotto”, come mi piace chiamarlo. È un’esplosione di gioia, e dopo tanti mesi di chiusura ne avevamo bisogno. Poi comunque mi metto ancora tanto in gioco, lo dico sempre ai ragazzi che si approcciano a questo mestiere: è un lavoro duro, ogni disco è come un esame, e il pubblico va rispettato, bisogna sempre dargli qualcosa in più, di diverso ma non troppo. Agli esordi il mio staff era internazionale, la direzione della prima casa discografica era tedesca, amava il bel canto italiano, e io ho imparato a dare retta alle persone che avevano più esperienza di me. Ecco, il segreto forse sta nel saper ascoltare. E io ascolto tanto anche mio marito Osvaldo, che mi ha sempre dato i giusti consigli. Sono una donna fortunata, e lo riconosco».