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Con Mauro Gargano il jazz risuona di «distanziamento»

Con Mauro Gargano il jazz risuona di «distanziamento»

 
Ugo Sbisà

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Ugo Sbisà

Con Mauro Gargano il jazz risuona di «distanziamento»

Il nuovo album Feed al ritmo della vita

Mercoledì 14 Aprile 2021, 09:25

Pochi mesi dopo il poetico omaggio a Pasolini realizzato con Nuages, il contrabbassista barese Mauro Gargano torna a proporre una nuova fatica discografica con Feed. Questa volta però l’intento non è celebrativo, ma è figlio della prima ondata della pandemia che in un certo senso ha stimolato il Nostro a realizzare un lavoro considerevolmente diverso, sia per la formula prescelta, sia per l’approccio emotivo. Feed, ricorda Gargano, è il verbo inglese con il quale si indica l’azione del nutrire, l’alimentare e in questo caso, appunto, la musica assolve in modo ancora più fondamentale alla funzione di nutrimento dell’anima, avendo anche il compito di riempire i vuoti dell’isolamento pandemico, di lenire un dolore che spesso trascende il fisico per aggredire molto più subdolamente la psiche. In aggiunta a questa funzione per così dire più squisitamente metafisica, Gargano realizza con quest’album registrato a Parigi – città in cui opera e risiede ormai da anni – un progetto da lungo tempo accarezzato, ovvero di lavorare sulla formula del piano trio, evitando in ogni modo l’insidia di ripercorrere itinerari già battuti da fin troppo illustri precedenti. Un riferimento stilistico, il suo, che parte dalla Storia per abbracciare il contemporaneo volgendo lo sguardo anche oltre il solo mondo del jazz. E non c’è dubbio che un ruolo significativo nella realizzazione di questo progetto venga svolto da un altro pugliese, il talentuoso pianista di origini tarantine Alessandro Sgobbio, attivo prevalentemente sulla scena nordeuropea, ma spesso coinvolto anche in imprese transalpine. Con loro, il batterista francese Christophe Marguet, a completamento di una formazione che cattura immediatamente l’attenzione degli ascoltatori. Il disco si apre con Feed, la cui partenza sfilacciata conduce via via a una struttura sempre più solida, non priva di alcune esplosioni ritmiche dal vago sapore stravinskiano. Di Full Brain si apprezza il crescendo ritmico e timbrico che vede basso e pianoforte impegnati in un tema ridondante dalle metriche dispari. Il forte legame di Gargano con la Puglia si unisce poi all’impegno di una coscienza civile ed ecologica in Ilva’s Dilemma, un brano dedicato alla ferita a cielo aperto dello stabilimento siderurgico tarantino, al quale, più avanti nella scaletta, è ispirato anche The Red Road. Nel caso del primo brano, si tratta in realtà di un ripensamento di Pasolini – contenuto nel già citato Nuages – che qui si colora di una drammaticità assimilabile a quella delle marce funebri pugliesi e che Sgobbio sa ben descrivere con delle rapsodiche sortite pianistiche. The Red Road rievoca invece la sottile polvere killer che da anni colora di morte la Città dei due mari e incornicia un solo di contrabbasso dalla notevole cantabilità. È inevitabile cogliere l’idea del distanziamento, un mantra dei nostri tempi, già nel titolo di un brano come Keep Distance, il cui andamento ipnotico si dipana attraverso colori cupi, mentre la melodia di Look Beyond the Window, sembra pensata proprio per mettere le ali alla speranza e all’ottimismo con la sua forma canzone dal taglio sovrastilistico. In Lost Wishes – desideri perduti – Gargano sostiene di essere partito dall’idea di comporre una melodia natalizia approdando invece a un folklore ideale dalle venature colemaniane e in effetti il suo tema lento, scandito dalle note del contrabbasso, potrebbe ricordare a momenti il lavoro svolto da Charlie Haden nell’album The Shape of Jazz to Come. Il cd si conclude con una dedica alla memoria di Gianni Lenoci e non a caso l’ultimo brano, pur essendo un «original», s’intitola Secret Garden come una composizione del pianista monopolitano. Siamo di fronte a un quadro delicato e poetico che, come spiega Gargano, è la risultante di una serie di «haiku melodici» inseriti in un più ampio contesto improvvisativo. Ci piace tuttavia intendere il ricordo allo sfortunato collega come un invito a raccoglierne l’insegnamento intellettuale di ricerca della sostanza, di attenzione agli intimi significati dell’essere e delle sue più varie traduzioni, in un lavoro lontano da mode e facili consensi, eppure per nulla estraneo al contingente. Insomma, «pensare» e «capire» la musica, per «pensare» e «capire» la vita.

(foto Facebook - Davide Del Giudice)

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