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Nicola Morisco
12 Settembre 2020
Una canzone dal respiro internazionale il cui testo, cantato in inglese, è un grido di rabbia per il desiderio di libertà e uguaglianza, ispirato alla morte di George Floyd e al movimento globale sul tema razziale. «I can’t breathe» («Non respiro») è il nuovo singolo del cantautore gravinese Domenico Larocca da ieri disponibile sulla piattaforma digitale.
Il brano anticipa il video la cui uscita è prevista per mercoledì 16 su Youtube, che segna l’esordio alla regia dello stesso Larocca che ha scelto come location Aliano (Matera), Capitolo (Monopoli) e Gravina in Puglia.
Non è la prima volta che Larocca propone un brano di impegno civile e sociale. Qualche mese fa in pieno periodo lockdown, infatti, con un collettivo di musicisti del barese e dell’Alta Murgia riuniti sotto il nome di Artists from Puglia, aveva proposto una riuscita cover di «Blowin’ in the Wind» di Bob Dylan, il cui intento era quello di trasmettere speranza in un futuro migliore e, soprattutto, mostrare il grande potere curativo che la musica ha attraverso le parole e le note di questa straordinaria composizione.
In I can’t breathe (prodotto da Murgiahub Soc. Coop. e Place to be Records), brano inedito scritto da Larocca con Eleonora Scippa, si avvale dei musicisti Nicolò Petrafesa (pianoforte), Chiara Ianora (coro), Gaio Ariani (batteria), Graziano Pennetta (basso) e Vito Faretina (chitarre). «I can’t breathe. Is it true what I see?» (Non riesco a respirare. È vero quello che ho visto?). Inizia così il testo del cantautore pugliese che questa volta ha deciso di affrontare un tema quanto mai attuale e unirsi così al coro di protesta mondiale, contro violenza e razzismo, partito dalla città di Minneapolis in Minnesota lo scorso maggio.
Prima di morire, il 25 maggio, soffocato da un poliziotto, Floyd, infatti ha ripetuto «non riesco a respirare» 20 volte.
L’uccisione dell’afroamericano ha innescato una serie di proteste contro la polizia e scontri razziali negli Usa per le frequenti uccisioni di neri da parte degli agenti americani nelle prime fasi dell’arresto. Inspirandosi a questo drammatico episodio Larocca, quindi, racconta la storia di un uomo che è diventata storia dell’umanità. «La canzone è nata in modo quasi viscerale – commenta Larocca -, dopo aver visto il video in cui Floyd veniva ucciso. È un brano di denuncia contro la violenza che è ovunque, in ogni strada, in ogni città, e quindi è importante guardarsi intorno e non sentirsi lontani da quello che è capitato in America».
Il testo prosegue poi con un’altra frase importante: «What have you done to my father to my sister?», cioè Che cosa hai fatto a mio padre e mia sorella? «Una domanda che esige risposta e merita un’azione collettiva – prosegue Larocca-, perché nessun uomo, mai più, si senta solo e sia discriminato o ucciso per il colore della pelle»
Il racconto in musica termina con un’esortazione ad agire, ad esserci, a non abbassare la testa mai. Per quanto riguarda il videoclip, in uscita mercoledì, Larocca anticipa: «Le immagini sono un pugno nello stomaco e si avverte con maggiore intensità il senso del brano grazie all’importanza del legame profondo che i protagonisti hanno con la natura e la sua forza invisibile che guida le azioni dell’animo umano».
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