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Chi va via, chi resiste: brevi storie tristi dai palcoscenici lucani

 
Enzo Fontanarosa

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Enzo Fontanarosa

Il Centro arti integrate: «Necessari luoghi dove la città possa allenarsi a raccontare. Chiamiamoli teatri o centri di produzione, basta che esistano»

Giovedì 07 Aprile 2022, 12:54

MATERA - A chi serve un teatro? La domanda non riguarda solo la struttura, il contenitore dove svolgere rappresentazioni e spettacoli. Si chiede, piuttosto, di comprendere come e quanto il teatro sia baricentrico in una visione che consideri l’intera comunità, nel senso di coinvolgimento e cambiamento. Nella città ex Capitale europea della Cultura, anche per questa straordinaria investitura che ha ancora un senso, la questione non può che tornare alla ribalta in modo preminente. «A chi serve un teatro?», dunque, lo chiede con uno slogan lo Iac - Centro arti integrate in quella che è la prima di una serie di azioni che chiamano tutti a riflettere sulla questione. Andrea Santantonio e Nadia Casamassima, che si occupano della direzione artistica della compagnia di produzione materana, affermano che «nel presentare Matera come luogo di particolare appeal turistico, si dice che debba differenziarsi da altri per l’offerta culturale. Di solito sono i politici e i pubblici amministratori a farlo. Mi chiedo, allora, esattamente cosa intendono che la città faccia? Che si offra un cartellone di appuntamenti costruiti con cose appiccicate tra loro? O che la città sia motore di cose prodotte qui e che la raccontano in relazione col territorio e l’Europa?». Evidenziano che «se si intende questa seconda cosa, allora occorre che ci siano dei luoghi dove la città possa allenarsi a raccontare. Poi chiamiamoli pure teatri o centri di produzione culturale. Basta che esistano, altrimenti si lasciano le organizzazioni culturali allo sbando e queste non coglieranno mai l’opportunità di fare produzioni tali da incontrare anche le esigenze turistiche».

E il teatro che c’entra in tutto questo?
«Se ne parliamo come di un luogo fisico lo si intenda non solo come luogo dove si allestiscono e si vanno a vedere gli spettacoli. Deve essere anche un punto di riferimento della città dove si possono costruire percorsi di comunità, tutto ciò che è necessario a farla sentire più vicina a temi che possono essere ambientali piuttosto che sull'adolescenza, insomma alle urgenze del momento. Diventa un centro di produzione sicuramente teatrale ma anche, in generale, culturale. Il teatro riunisce la gente sia che faccia una esperienza teatrale o che guardi uno spettacolo. Ci sono percorsi formativi ed educativi più legati al sociale che all’arte. Non interessano solo giovani che sognano di fare gli attori, ma pure chi può trovare un momento di crescita e di rafforzamento nella comunità. Se non è possibile collaborare e lavorare con le Istituzioni lungo questi percorsi, tanto vale che organizzazioni teatrali come la nostra spostino attività e interessi in altre territori, anche limitrofi ai nostri, dove c’è di sicuro più attenzione e fattibilità». Gli spazi per fare cultura esistono in città: «Sono almeno sette, e fa rabbia pensare che siano anche numerosi per una città piccola come la nostra».
Quali sono?
«Quelli che nascono come cine-teatro sono il “Duni”, il “Kennedy”, il Comunale “Guerrieri”, l’unico aperto, e il “Quaroni” a borgo La Martella, del quale tutte le Amministrazioni vantano di aver fatto dei lavori ma nessuno riesce ad aprire. Restano poi l’Auditorium “Gervasio”, lo spazio alla Cava del Sole, ma non capiamo come funziona, e la Sala “Pasolini” ove si svolgono i Consigli comunali, e che se restituito alle associazioni potrebbero fare attività culturali».

Santantonio e Casamassima riferiscono di «volere aprire un dialogo con l’Amministrazione comunale. Lo abbiamo pure fatto inviando una lettera, ma non ci è giunta risposta. Un confronto sarebbe semplice e utile e vantaggioso per tutti. ci sono tanti esempi di Comuni che per lavorare sulla città lo fanno anche con le organizzazioni culturali e a queste demandano una serie di cose, cogliendo l’importanza di una relazione che va creata e rafforzare in una visione lungimirante». È necessario chiarire «cosa si intende per Matera città della cultura? Non crediamo che sia il solo fatto di fregiarsi che si fanno tante attività culturali ma riteniamo che si vuole crescere su questo, promuovendo anche linguaggi artistici della contemporaneità. Altrimenti saremmo stati sì una città della cultura ma del secolo scorso, non del presente».

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