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Lo scrigno degli abiti da museo: ecco la collezione leccese dei Cordella

Lo scrigno degli abiti da museo: ecco la collezione leccese dei Cordella

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Si tratta di un valore immenso dimenticato

Martedì 02 Aprile 2024, 16:35

Il mantello di Eleonora Duse, l'abito in maglia metallica creato per Milva, i sontuosi vestiti da sera settecenteschi, dalle scollature profonde e i fianchi sinuosi. Pizzi, guanti, cappellini e velette: c'è da restare senza fiato davanti alla collezione degli oltre 500 pezzi che coprono oltre tre secoli, dal Settecento a oggi, racchiusa con fatica nella grande stanza-archivio di Lecce. Si respira l'aria del passato, si pensa ai grandi sarti di un tempo (ci sono pure collezioni di Charles Frederik Worth, il preferito della principessa Sissi!) si toccano i tessuti meravigliosi, i colori mai sbiaditi... e si pensa che in qualsiasi altro Paese del mondo questo stanzone sarebbe un Museo della Moda, un luogo capace di raccontare ciò che gli abiti dicono, individuando le passioni e il modo di vivere, disegnando gli uomini e le donne che li indossano.

Camminare in questa galleria dell'abbigliamento significa compiere un viaggio storico, tra il periodo neoclassico e il Novecento, tra il passato e la contemporaneità. «Mio padre Pino Cordella ha voluto tutelare questa collezione e lo stesso facciamo noi, in sua memoria», spiega Carol Cordella, che con Manuel porta avanti il nome di questa istituzione salentina dalla storia lunghissima, nata nel 1783, oggi radicata a Lecce e a Roma. Ci sono i primi abiti dell'antica sartoria Cordella, ma anche i tanti iconici collezionati con pazienza sin dal primo Novecento, insieme ai libri settecenteschi sullo stile e sulla moda, ai numeri di Vogue di fine 800, a carte e disegni di grande importanza storica. Tra le pagine e tra i tessuti, un'era. Che è locale e internazionale al tempo stesso: pensate che alcuni abiti sono stati messi in mostra a Los Angeles oltre che a Milano e in altre città. «Anche la stilista Maria Grazia Chiuri, quando si tenne la famosa sfilata di Dior a Lecce, ha visitato questa collezione e ne è rimasta colpita», spiega Carol Cordella.

Ecco gli abiti delle flapper che risalgono agli anni '20: erano quelli della generazione di donne avanguardiste, che provocarono il loro tempo usando trucchi pesanti, fumando in pubblico, violando la morale sessuale del tempo. Sono vestiti ricamati in modo pesantissimo ed è curioso paragonarli ai primi costumi da bagno delle donne del Novecento, quando finalmente si scoprivano al mare. «Alcuni di questi capi vengono anche da donazioni di famiglie aristocratiche leccesi», continua Carol Cordella, indicando i vari pezzi. Tra questi, un abito bellissimo appartenuto a una contessa che fu invitata al ballo della Croce Rossa di Grace Kelly. E poi il vestito da lutto, il mezzo lutto, i primi pantaloni, le prime mini. Evoluzione e cambiamenti sociali scorrono sotto gli occhi, in un universo di sete, crepes, colori.

Se davvero la moda è l'ultima pelle della civiltà, sarebbe il caso di valorizzare una storia del costume che – piaccia o no – ci rappresenta. Il mondo della moda è stile, è società e da sempre è capace di spiegare trend antropologici e fenomeni sociali. «In Italia manca un museo stabile della moda – sottolinea Cordella – e a volte mi chiedo se sia giusto che questa collezione rimanga chiusa qui. A Lecce ci sono tanti edifici abbandonati e forse, con un po' di immaginazione, si potrebbe pensare a un museo o a cicli di mostre. Mio padre aveva a suo tempo anche prospettato una donazione ma nessuno accolse la proposta». E il museo può attendere.

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