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Un concerto di colori all'Orto Botanico

 
Silvio Perrella

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Silvio Perrella

Sedersi a guardare tra passi e soprabiti

Esiste una pianta originaria, la pianta dalla quale derivano tutte le altre? Se c'è forse è proprio a Palermo

Giovedì 03 Agosto 2023, 10:27

Quando una foglia si stacca dal ramo e cade e plana nell’aria ed entra nel campo visivo del signor Acciuga e volteggia fino ad arrivare all’impiantito terroso è come se avvenisse un piccolo shock.
È uno shock silenzioso e aereo; un balletto sinusoidale; un segno da interpretare.
Sulla panchina dell’Orto Botanico di Palermo sulla quale è seduto il signor Acciuga non è impossibile si sia seduto anche Goethe e che anche lui abbia osservato le foglie cadere avendo in mente un’idea da trasformare in ipotesi e successivamente in scienza: esiste una pianta originaria, la pianta dalla quale derivano tutte le altre?
E se c’è, forse è proprio a Palermo che devo cercarne le tracce, proprio qui, non distante da questa panchina, deve essersi detto il viaggiatore della conoscenza tradotta in scrittura.
Mentre le foglie cadono, il signor Acciuga si chiede se sia solo un fenomeno naturale della stagione o se invece non possa essere l’emblema vagante della malattia che ovunque si fa spazio e determina scompensi e squilibri.
Sta in questa ambivalenza lo shock che i suoi occhi colgono; in questo dover oscillare tra il benessere che il corpo riceve nello stare seduto all’ombra di alberi maestosi e lo sfrigolio di pensieri che inondano l’aria di nerume e di polvere e fanno dello sguardo una fatica quasi insostenibile.
Il signor Acciuga ama la panchina sulla quale è seduto perché è vicina allo stagno a cerchi concentrici in cui vivono le piante acquatiche.
Sulla superficie dell’acqua si è formato a tratti un verde strato melmoso; le foglie cadenti vi planano come se cadessero su un pianeta senza nome.
Le ninfee, i fiori di loto, un esemplare di sangue di drago, alcuni papiri, fanno concerto cromatico, quasi rispondendo al boschetto di bambù che sta alle spalle del signor Acciuga e che con la sua liscia essenzialità ricorda quanto semplice possa essere la dignità di stare al mondo portando bellezza, robusta funzionalità e spirito di comunità.
L’estate ha reso ancor più magro il signor Acciuga; la panchina quasi non si accorge della sua presenza perché nessun peso grava la sua pietra; ma è impossibile non sentire il lavoro dei suoi occhi, così grandi, così ingurgitanti, che sembrano due mondi che ruotano negli incavi ossei del suo viso; due globi terraquei che hanno molto in comune con le piante acquatiche dello stagno.
Occhi piante acque melme foglie cadenti panchina di pietra squame tempo immoto dell’estate si sommano si dividono si curvano in punti di domande lasciano in sospeso l’enigmaticità dell’attimo che non sai mai dove davvero ti stia portando.
Da un altro tempo Goethe è intento a lanciare una corda che il signor Acciuga dovrebbe non solo vedere ma anche saper acciuffare e tener stretta tra le mani.
È un evento che potrebbe accadere come no; non si sa mai cosa davvero accade se gli occhi non sono lasciati liberi di errare di cambiare orbita di uscire dalle traiettorie consuete di chiudersi e sognare.
Un foglia si tuffa nel vuoto, si gira, si rigira, è verde, è marrone, ha filamenti violacei, è piccola lassù, diventa più grande nella discesa, sembra che sia capace di stare in equilibro nell’aria, usa la brezza a suo favore, per un attimo pare che risalga, che ritorni verso il ramo dal quale si è staccata.
Il signor Acciuga la guarda e immagina che tutte le foglie, non solo lei, si alzino da terra e tornino a riattaccarsi ai rami e stormiscano di nuovo frusciando sopra la sua testa e facciano risplendere i suoi occhi di stupore.
Ma quanto siano stanchi i suoi occhi nessuna foglia sembra saperlo, mentre anche lei, la sbarazzina, l’impertinente, la giocosa arriva a toccare l’acqua cieca dello stagno e fa come un suono che solo l’orecchio anfibio del signor Acciuga riesce a sentire.
Ed è per lui come un richiamo, un stimolo a fare davvero quel che ha in animo di fare da quando si è seduto accanto a un Goethe invisibile ma possibile.
Si alza, si avvicina allo stagno, prende i suoi occhi e li lancia nell’acqua verde; poi torna alla panchina, si siede, e sente la quiete del nonvisto prendere tutto il suo corpo, mentre i suoi occhi fioriscono nell’acqua.

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Silvio Perrella

La Panchina

Biografia:

La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.

Silvio Perrella

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