È già notte quando il signor Acciuga e la sua amica escono dal ristorante di piazza del Popolo e si congedano.
Il signor Acciuga ha come un presentimento che lo spinge a tornare nell’ellisse e a scrutare panchina per panchina, fino ad arrivare al numero ventiquattro.
Il primo è un giro fatto quasi in dormiveglia, aiutato dal vino rosso che ha bevuto: occhi, squame, piedi-pinne in avanscoperta, come se la luce dei lampioni fosse acqua vibratile nella quale immergersi.
Il secondo giro invece prende la forma di un reportage: attenzione ai dettagli, soste ben calibrate, pensieri in agguato.
Ed ecco che proprio sotto la panchina nella quale si era fermato il signor Palomar scorge una scarpa, una solo scarpa. Acciuga fa zoom con gli occhi; fa suoi i dettagli della calzatura; decide all’istante che deve prendersene cura.
Il signor Palomar l’ha lasciata lì per disattenzione o è invece un segnale che va decifrato?
Certo, non potrebbe mai essere calzata dai piedi-pinna di Acciuga. Infatti è una scarpa con la punta ritorta verso l’alto, di color vinaccia, più una pantofola che una vera scarpa; forse viene da qualche spedizione di Palomar in Oriente.
Il signor Acciuga si chiede se Palomar, uscendo dal taxi, si sia accorto di una avere un piede diverso dall’altro e sia andato verso casa claudicando.
Ha pensato di tornare indietro a recuperare la sua scarpa? O invece il suo zoppichio rientrava in uno dei suoi esercizi percettivi, dove si mette alla prova il corpo per trarne nuova conoscenza di sé e del cosmo.
A ben pensarci ad ognuno di noi manca qualcosa, sia perché l’ha persa sia perché non l’ha mai posseduta.
E quante parti del nostro corpo perdiamo nel farsi del tempo: unghie, capelli, pelle, solo per dire delle perdite più comuni; per fortuna sostituite da altre cellule simili a quelle perdute.
Il signor Acciuga conosce a menadito il processo delle perdite e dei riacquisti; e sa quanto lui sia un esempio di componibilità; a volte si percepisce come essere fatto di altri esseri, ai quali deve non solo parti del suo corpo ma pensieri e posture, andamenti e smagature.
La scarpa del signor Palomar lui non sa ancora come maneggiarla,
Con i piedi si va a trovare gli altrove; senza i piedi i pensieri non pensano. Le scarpe aiutano a non ferirsi; tengono i piedi al caldo d’inverno; sono anche un segnale d’eleganza o di sciatteria.
Questa scarpa in particolare fa pensare al possibile inizio di un racconto-cenerentola.
Chi l’ha perduta è dovuto scappare via; non ha potuto prestare la dovuta attenzione al suo vestiario. Chi l’ha trovata ha subito sentito di essere investito da una prova, da un mandato di conoscenza e ricongiungimento.
Il signor Acciuga si gira e rigira la scarpa tra le mani.
Nel frattempo fa pensieri, svia ipotesi assurde, scopre la suoletta che Palomar vi ha fatto mettere per attutire i colpi dei passi più arditi.
Tutte le panchine di piazza del Popolo adesso sono vuote; la città tutt’attorno fa prove di calma; gli animali, soprattutto i volatili, riprendono a respirare e si vedono scendere dai nidi come cittadini che possano finalmente fare i loro commerci.
Un terzo giro di Acciuga tra le panchine è necessario, dalla prima alla ventiquattresima.
Ogni panchina è uguale all’altra, ma a saperle guardare ha desideri e possibilità diversi che nascono dal diverso orientamento nei confronti del cielo e dell’impiantito.
Bastano pochi metri e lo sguardo muta e si è in una zona del tempo o in un’altra o in un’altra ancora.
Il signor Acciuga torna alla panchina nella quale si era seduto nel pomeriggio e guarda come ha già guardato quando il signor Palomar era seduto a poche panchine da lui. Si erano vicendevolmente riconosciuti ed entrambi avevano preferito il silenzio percettivo, quel modo misteriosamente allusivo che fa di una mancanza una possibilità.
Il signor Acciuga ha appoggiato la scarpa di Palomar sul bordo della sua panchina, ed ecco che un gabbiano con gli occhi iniettati di fame scende come una ghigliottina, addenta la scarpa vermiglia e la porta con sé in volo.
Il signor Acciuga la guarda nell’aria con stupore ma anche con un senso di liberazione.

Le scarpe aiutano a non ferirsi: tengono al caldo d’inverno sono anche un segnale d’eleganza o di sciatteria
Giovedì 06 Luglio 2023, 11:54
Biografia:
La meridiana, detta anche, impropriamente, orologio solare o quadrante solare, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. Attraverso le parole di Silvio Perrella facciamo un viaggio nel tempo nei luoghi del cuore che profumano di Meridione e Sud.
Silvio Perrella
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