Viviamo in una società conflittuale, dove la rabbia, l’aggressività sono giustificate come risposta frequente ad ogni minima risposta che contrasta con le proprie aspettative. Non si riconosce la diversità di vedute e di prospettive e non si accetta l’alterità. È difficile quindi considerare la diversità un valore e non si allena l’ascolto per allargare il punto di osservazione.
Qual è l’origine di questa violenza di fondo nelle nostre esperienze di vita? La mancanza di amore e di ascolto ricevuto nei primi anni di vita. Chi ha riempito il serbatoio del bisogno di affetto e di riconoscimento e ascolto, ha sviluppato una dose sufficiente di fiducia in sé stesso ed è anche capace di darlo agli altri, anche in presenza di una frustrazione. Chi ne è stato deprivato, ha imparato a farne a meno, pensando di bastare a sé stesso. Sarà probabilmente diventato un adulto di successo, ovvero avrà imparato a raggiugere gli obiettivi, ma troverà difficoltà a decodificare i propri stati d’animo e ad esprimere serenamente i propri bisogni e le proprie emozioni, in quanto essendone stato deprivato, è bloccato in una condizione di rancore e di rabbia di fondo.
Essere adulti significa saper riconoscere e gestire le proprie emozioni. Interpretandole e verbalizzandole in modo chiaro e regolato.
Il modo di fare e di essere dipende da questa competenza: la componente emotiva. Si parla infatti di intelligenza emotiva, quale capacità di motivare sé stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo, di controllare gli impulsi, di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici. Il World Economic Forum, infatti, identifica l’IE come una delle competenze essenziali per il futuro. Tra le competenze personali, la consapevolezza di sé richiede conoscenza dei propri stati interiori, delle proprie emozioni, dei punti di forza e delle aree di miglioramento, la sicurezza del proprio valore e delle proprie capacità. Così come la motivazione, l’impegno, l’iniziativa e l’ottimismo. Nelle competenze sociali, la più importante è l’empatia: la consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze ed interessi altrui che favorisce la comprensione degli altri.
La responsabilità delle proprie emozioni è la capacità di fermarsi e integrare un proprio bisogno personale insoddisfatto. Secondo Rosenberg - psicologo statunitense ideatore della comunicazione non violenta - quando qualcuno ci rivolge una critica (diretta o indiretta), possiamo fare quattro cose: incolpare noi stessi, incolpare gli altri, percepire i nostri sentimenti, comprendere i nostri bisogni e quelli degli altri. Nel primo caso incolpare noi stessi significa credere alla critica e auto svalutarsi. Nel secondo caso, non si crede alla critica e si sviluppa rabbia per l’accusa. Nel terzo e quarto caso, utilizzando l’intelligenza emotiva, ci fermiamo ad ascoltare le emozioni e i sentimenti che la critica ha provocato in noi e riusciamo anche a scorgere i nostri e gli altrui bisogni, smossi proprio dal giudizio ricevuto. Assumere su di sé la responsabilità delle proprie emozioni, può comportare la possibilità di gestire la frustrazione, la rabbia o il fastidio, di interrompere la spirale di aggressività e violenza, rispondendo con serenità e in modo assertivo per esprimere i propri bisogni. Talvolta lo sforzo verso l’utilizzo di questa capacità affatica il soggetto che la esercita, il quale però dall’esercizio di questa competenza può recuperare stima di sé ed equilibrio, oltre che una crescita dovuta ad una riflessione profonda sui propri bisogni, che si attivano poiché ancora insoddisfatti. Una risorsa psicologica di primaria importanza poiché consente di vivere in armonia con sé stessi e con gli altri.