La Polizia con il personale del S.I.S.C.O. di Bari e della Squadra Mobile di Foggia, coordinati dal Servizio Centrale Operativo ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Bari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di due soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di duplice omicidio volontario, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da guerra e armi comuni da sparo. Contestata anche l’aggravante mafiosa, sia per il metodo che per l’agevolazione. Si tratta di Francesco Scirpoli, 43 anni di Mattinata, e Pietro La Torre, 43 anni di Manfredonia, entrambi già detenuti da tempo. I due uomini sono accusati di aver preso parte al brutale assassinio di Nicola Ferrelli e Antonio Petrella, avvenuto ad Apricena (FG) nel tardo pomeriggio del 20 giugno 2017.
Secondo le indagini, il duplice delitto fu commesso per agevolare la consorteria mafiosa allora nota come clan Lombardi/La Torre/Ricucci (nato dalla rimodulazione del clan Romito) e la Società foggiana, in particolare la batteria Moretti/Pellegrino. L’efferato omicidio si colloca infatti nel contesto della violenta guerra di mafia con la fazione contrapposta, quella dei Di Summa/Ferrelli, che puntava a ottenere l’egemonia sul territorio di Apricena e dell’area limitrofa di San Marco in Lamis. Obiettivo: conquistare il monopolio delle attività criminali, in particolare la gestione e il commercio di stupefacenti e altri traffici illeciti.
Il Giudice per le Indagini Preliminari, accogliendo l’impianto accusatorio della D.D.A. di Bari, ha disposto la custodia cautelare in carcere per due esponenti di rilievo del gruppo Lombardi/La Torre/Ricucci, già detenuti per altre operazioni antimafia condotte nel Gargano. Uno dei due si trova attualmente sottoposto al regime di carcere duro (art. 41 bis).
Le indagini, affidate al S.I.S.C.O. di Bari e alla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Foggia, hanno preso avvio dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia del territorio garganico. Le loro rivelazioni hanno fornito un patrimonio informativo di grande rilievo, verificato con riscontri puntuali da parte della Polizia Giudiziaria, che ha permesso di costruire una solida piattaforma probatoria contro i presunti killer.
Il duplice omicidio fu eseguito con modalità plateali e spietate: un inseguimento a colpi di arma da fuoco in pieno giorno, lungo una strada trafficata, davanti a ignari cittadini. Le vittime furono raggiunte da numerosi proiettili di armi da guerra e da fuoco comuni, in un’azione sinergica di un commando armato, ognuno con compiti precisi. L’azione si concluse con i classici colpi di esecuzione alla testa, inferti per devastare i volti e cancellarne la memoria.
Le telecamere di sorveglianza presenti nella zona ripresero l’intera scena, immortalando l’efferatezza dell’agguato. Quelle immagini furono in seguito sottoposte ad analisi tecnico-scientifiche da parte della Polizia Scientifica di Roma: grazie a una consulenza antropometrica, gli esperti confrontarono i parametri fisionomici e la statura dei killer con quelli degli indagati, rilevando elementi di compatibilità.
Decisive, oltre ai rilievi tecnici, sono state le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Marco Raduano, Danilo Pietro Della Malva, Antonio Quitadamo, Andrea Quitadamo, Gianluigi Troiano, Carlo Verderosa e Matteo Pettinicchio. Le loro propalazioni, riscontrate dagli investigatori, sono state ritenute attendibili, credibili e verificabili, andando a rafforzare il quadro probatorio già delineato dagli inquirenti. Questa complessa attività investigativa ha dunque portato a individuare nei due indagati gli esecutori materiali dell’agguato mafioso del 2017, che rappresentò uno dei momenti più sanguinosi della guerra tra clan sul territorio del Gargano.
GLI ARRESTATI
Francesco Scirpoli, 43 anni di Mattinata, esponente di rilievo del clan Lombardi/Ricucci/La Torre, rivale dei Li Bergolis, e Pietro La Torre, 43 anni di Manfredonia.
Francesco Scirpoli è detenuto nel carcere di Fossombrone, dove sta scontando 8 anni e 4 mesi per una rapina commessa il 15 ottobre 2016 a un portavalori nei pressi di Bollate (Milano), che fruttò un bottino di gioielli del valore di circa 4 milioni di euro. Attualmente è sotto processo nel procedimento Omnia Nostra, che vede 24 imputati in attesa di giudizio presso il Tribunale di Foggia, dove risponde di associazione mafiosa, favoreggiamento e due furti di cavalli e buoi. Il 16 giugno scorso i pm della DDA hanno chiesto per lui la condanna a 19 anni; la sentenza è attesa entro fine anno. Durante il processo Omnia Nostra è stato scarcerato, ma resta detenuto per la rapina, con divieto di soggiorno in Capitanata.
Pietro La Torre, anch’egli 43enne di Manfredonia, è detenuto da tempo – presumibilmente nel carcere di Voghera al regime 41 bis – a seguito del suo arresto nell’ambito di Omnia Nostra a dicembre 2021. La DDA ne ha chiesto la condanna a 30 anni per associazione mafiosa, traffico di droga, essere il mandante del tentato omicidio di Giovanni Caterino (il basista della strage mafiosa garganica del 9 agosto 2017, in cui morirono quattro persone e per la quale Caterino è stato condannato all’ergastolo), favoreggiamento, detenzione di armi, quattro estorsioni, incendio, intralcio alla giustizia, violenza privata e furto di cavalli.
La Torre è ritenuto al vertice del clan Lombardi/Ricucci/La Torre, ex gruppo Romito, ed era il cognato del boss Pasquale Ricucci, detto “Fic Secc”, ucciso nel novembre 2019 a Macchia, frazione di Monte Sant’Angelo, durante la guerra con i Li Bergolis.