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Bianca Chiriatti
15 Febbraio 2019
Puntata speciale di Gazzettamusic, che per l'arrivo a Bari dello spettacolo "La Divina Commedia Opera Musical" si arricchisce di un'intervista al regista, attore e coautore dello spettacolo, Andrea Ortis (la trovate in coda all'articolo). Novità anche per i Negramaro, che hanno pubblicato il singolo "Cosa c'è dall'altra parte", che Giuliano Sangiorgi ha scritto per l'amico Lele Spedicato, chitarrista della band, che non sarà in tour per i recenti problemi di salute, ma che ieri nella prima tappa di Rimini si è presentato a sorpresa sul palco. Infine novità anche per il rapper di Trani Gio Fal, avvocato 29enne con la passione per la musica, che ha pubblicato oggi il suo album Overbooking.
Intervista ad Andrea Ortis, regista, attore e coautore dello spettacolo La Divina Commedia Opera Musical
Come nasce l'idea e cosa significa portare sul palco un capolavoro come l'opera di Dante?
L'idea nasce anche da Marco Frisina, che ha composto le musiche, e da Gianmario Pagano, coautore dei testi. Per quanto riguarda l'ardita idea di una trasposizione teatrale del testo italiano per eccellenza, forse anche mondiale, nasce dalla necessità e dal desiderio di togliere un po' di polvere a questo testo letterario del '300. Troppo spesso al nome Divina Commedia si associa l'aggettivo di "pesante": non è un testo semplice, ma a scuola spesso ci si ferma all'Inferno. Il teatro, poi, dà la possibilità di far prendere una consistenza alla suggestione e alla lettura del testo; in più in 2 ore e un quarto di spettacolo, la storia si compie, cosa che spesso nei programmi scolastici non accade. Non vogliamo sostituirci alla scuola, ma il teatro la può affiancare: è un patrimonio italiano che forse tutti dovremmo riprendere in mano.
Tradizione e modernità si fondono, soprattutto nella lingua; il 60% dei testi sono in lingua originale, il resto in italiano. Come mai?
Si fondono e si rincorrono, ma d'altronde il tema modernità è nel genio di ciò che è stato scritto. Già 700 anni fa, Dante parlava di temi attualissimi: lui inizia a scrivere la Commedia perché in preda alla depressione. Parla di Paolo e Francesca, di Pia De' Tolomei, citando donne uccise con violenza dal proprio marito. Sono piccoli esempi per dire che il testo è moderno di suo. Anche la lingua lo era: moltissimi aforismi del nostro linguaggio quotidiano sono pieni di termini danteschi. In alcuni casi abbiamo deciso di fare dei sunti per rendere il tutto più fruibile e appetibile, tanto più se viene cantato. È la necessità di renderlo più morbido e fluido in certi passaggi.
La modernità è anche nelle rappresentazioni, da coreografie acrobatiche a proiezioni in 3D: come si fonde quest'elemento più tecnicamente moderno con la Commedia?
La Divina Commedia ha in sé Inferno, Purgatorio e Paradiso, e ha una "pelle" operistica, che appartiene a noi italiani sicuramente più del musical, che vede la fusione di danza, canto e prosa. Tre realtà così differenti come i mondi danteschi non potevano essere raccontate tutte nello stesso modo: non si poteva fare solo un musical con brani pop. Qui servivano tutti gli stili: andiamo da sonorità con chitarre elettriche distorte, più "infernali", a suoni più pop, leggeri, fino ad atmosfere drammatiche e rarefatte da cantautorato italiano e addirittura al gregoriano. La musica che si sente sul palco, inoltre, è stata registrata da un'orchestra vera di 100 elementi, non sono suoni campionati. La tecnologia 3D usata per i circa 70 cambi di scenari, poi, è la più moderna in assoluto, e gli scenari non diventano "cinema". Anche le coreografie, poi, sono a cura di un corpo di ballo pronto non solo a fare acrobazie, ma anche con una forte base classica. Ci saranno anche straordinari assoli, ecco perché il lavoro di ricerca degli interpreti è stato lungo e impegnativo.
In conclusione, perché andare a vedere La Divina Commedia Opera Musical?
Perché fa parte di noi. Perché noi a differenza di tante nazioni europee, siamo abituati da bambini alla bellezza, dei nostri mari, delle montagne, dei centri storici, siamo abituati alla bellezza nel vestirci, dei musei, dell'arte. Abbiamo questo dentro di noi, e non dobbiamo vergognarci, né pensare che questo possa essere pesante. Ci sono tante popolazioni che si inventano la storia: noi ce l'abbiamo, dobbiamo imparare un po' ad amarci e ad accorgerci delle cose che abbiamo. La Divina Commedia è una cosa che abbiamo, e va tirata fuori dagli italiani. Non vedo perché noi non dobbiamo essere i primi a conoscerla.
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