Mercoledì 01 Ottobre 2025 | 14:26

Volley, parla il campione del mondo salentino Fefè De Giorgi: il mio mondo sotto rete

 
Antonio Calò

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Antonio Calò

Volley, parla il campione del mondo salentino Fefè De Giorgi: il mio mondo sotto rete

Il suo palmares si arricchisce di continuo, potrebbe gonfiare il petto. Invece, non lo fa e tende a sottolineare i meriti di tutti, di chi è sotto i riflettori e di chi lavora dietro le quinte, non solo nel gruppo squadra

Mercoledì 01 Ottobre 2025, 11:45

Gli allori che ha conquistato in carriera non lo hanno cambiato. È il Fefè De Giorgi di sempre. Umile, misurato, pronto alla battuta, disponibile. Il suo palmares si arricchisce di continuo, potrebbe gonfiare il petto. Invece, non lo fa e tende a sottolineare i meriti di tutti, di chi è sotto i riflettori e di chi lavora dietro le quinte, non solo nel gruppo squadra.

Eppure, nei cinque mondiali che l’Italia del volley ha vinto in ambito maschile c’è sempre il suo nome. Da giocatore prima (1990, 1994 e 1998) e da commissario tecnico poi (2022 e 2025). «Qualcuno mi ha fatto notare la cosa e mi ha chiesto come ho fatto - afferma De Giorgi -. Ho risposto: “ne ho vinto uno alla volta”. È una battuta, ma solo in parte perché nello sport ci si impegna di continuo per creare delle opportunità per arrivare al successo. È innegabile che la mia storia con i campionati del mondo sia molto bella e ne vado orgoglioso. Ma avrò tempo di pensarci in futuro, quando smetterò di allenare. Oggi preferisco vivere momento dopo momento. Ora sono stanco ma felice».

A Manila, la strada è stata in salita: «La kermesse iridata è quella dal coefficiente tecnico più elevato. Quest’anno sono state in lizza 32 nazionali, il che significa che erano presenti tutte le più forti. A questo si aggiunga che il livello si è alzato in quanto sono cresciute tanto le formazioni che non figurano ai primissimi posti nel ranking. Lo dimostrano le eliminazioni di team quali Francia, Brasile e Giappone. Inoltre, l’evento aveva una durata di tre settimane ed era necessario essere al top nei match ad eliminazione diretta. Perdendo con il Belgio nella fase a gironi, abbiamo trasformato quella con l’Ucraina in una sfida da dentro fuori. Da questo momento in poi, però, siamo migliorati costantemente».

Simone Giannelli e compagni hanno emozionato l’Italia non solo per ciò che hanno espresso sul parquet, ma anche perché hanno evidenziato doti morali di prim’ordine: «Prima del mondiale ho rimarcato di guidare un gruppo “speciale”, composto da ragazzi che hanno grande umanità e che sono capaci di includere e di integrare, di aiutarsi a vicenda. Li conosco bene. Li ho scelti anche per questo. Mi fa piacere che tutto ciò sia emerso e sia stato apprezzato da chi osservava dall’esterno, magari in tv. Per quel che mi riguarda, è la medaglia più importante è riuscire ad emozionare. Altrimenti le vittorie rischiano di essere fini a se stesse. Né è possibile primeggiare sempre».

Eppure, dopo il quarto posto alle Olimpiadi di Parigi, qualcuno aveva iniziato a sussurrare che De Giorgi avesse fatto il suo tempo sulla panchina azzurra, che il suo ciclo fosse al termine: «Tutti hanno il diritto di avere la propria opinione. Accade spesso che chi trionfa venga considerato top, mentre chi non ci riesce diventi un brocco. Da commissario tecnico devo avere uno sguardo di lungo periodo, in quanto ho l’obbligo di pensare al presente, ma anche al futuro della nazionale. Inoltre, devo valutare il percorso ed in questo senso, il gruppo che alleno, da quando nel 2021 c’è stato il cambio generazionale, ha lottato sempre per una medaglia. Si può e si deve cercare di restare nel gruppo d’eccellenza. Non è possibile ipotizzare di essere in grado di salire ogni volta sul gradino più alto del podio, a dispetto del fatto che ci si provi. La sconfitta deve diventare il maggiore propellente per tornare ad imporsi».

Al palmares del commissario tecnico di Squinzano, come d’altro canto all’albo d’oro dell’Italia maschile, manca l’oro olimpico: «Sarebbe bello vincerlo, ma non è certo un assillo. Tra l’altro, i giochi sono ancora lontani e bisogna prima meritare di disputarli, qualificandosi. In quest’ottica, nel 2026 sono in programma gli Europei, per di più in Italia, che assegneranno alcuni pass per Los Angeles. Quindi ci finalizzeremo per la manifestazione continentale».

Il «cittì» è stato un giocatore di Julio Velasco ed ora, come il coach argentino fa con le donne, guida la nazionale maschile: «Abbiamo un ottimo rapporto. Ci sentiamo spesso e ci supportiamo a vicenda. Lui è un maestro, uno dei più bravi della storia della pallavolo. Le esperienze vissute sotto la sua guida da atleta fanno parte del mio bagaglio. Poi ciascuno ha la propria personalità ed il proprio modo di gestire le cose».

Qualcuno si chiede se il De Giorgi giocatore avrebbe avuto spazio nella nazionale neo campione del mondo: «La pallavolo attuale è totalmente differente da quella che mi ha visto protagonista sul parquet. Dal punto di vista tecnico, però, tutti gli azzurri della mia epoca avrebbero potuto dire la loro anche oggi».

In federazione lavorano altri due allenatori pugliesi, Vincenzo Fanizza e Nino Gagliardi: «Fa piacere che il movimento della nostra terra sia così bene rappresentato. Sono a stretto contatto con Vincenzo perché opera nel settore maschile per il reclutamento, per seguire i ragazzi sull’intero territorio, per avere contatti con i club in tutta Italia, oltre ad allenare alcuni gruppi. Nino è impegnato in ambito femminile. Quindi non si interfaccia con me. Sta facendo molto bene, parla il campo. I risultati che stiamo ottenendo sono il frutto delle scelte operate dalla federazione diretta dal presidente Giuseppe Manfredi, della collaborazione con le società e di una organizzazione certosina e capillare, nel cui ambito di cerca di curare ogni singolo dettaglio».

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