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Pasqua a tavola ecco i dolci della tradizione pugliese

 
Adele Galetta

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Adele Galetta

Pasqua a tavola ecco i dolci della tradizione pugliese

Dal menu non possono mancare le scarcelle, sebbene in forme e nomi diversi

Domenica 02 Aprile 2023, 14:05

Non è festa senza dolci e non è Pasqua se in tavola, per il pranzo, non ci sono i dolci tradizionali che raccontano di memorie legate, anche, alle persone con cui la tavola si condivide. Perché, diciamo la verità, per quanto si cerchi di tenerle lontane con una cucina moderna e contemporanea, le tradizioni trovano sempre la propria strada. In una forma o nell’altra, di sicuro, non è Pasqua in Puglia se non ci sono le uova. Per la Pasqua cristiana, simbolo della rinascita di Cristo, per quella ebraica, nascita della nuova vita per la natura.

Quali dolci, quindi, portano in tavola i pugliesi? Dal menu non possono mancare, sebbene in forme e nomi diversi a seconda delle zone, pupe, caddhruzzi, cuddhrure nel Salento a forma di cuore perché scambiata tra innamorati, di gallo donata ai ragazzi a simboleggiare virilità e fortuna o di bambola, donata alle ragazze, invece, in segno di fertilità e prosperità. Nel Brindisino si chiamano curruclə, puddhricasciu o puddicastri e nel Barese, invece, viene chiama tascarcella. Si preparano durante la Settimana Santa e simboleggiano la liberazione dal peccato originale. Menzione a parte per la scarcédde di Molfetta dove pare questo dolce abbia avuto origine, glassato e ripieno di confettura di amarene e pasta reale.

Nelle usanze paesane si racconta che i bambini battezzati nel Sabato Santo venivano portati nella Domenica in Albis al Santuario della Madonna dei Martiri, in una festa in cui i parenti portavano e consumavano sul posto cibarie fra cui la scarcella. La tradizione si legava, anche, al pellegrinaggio dalla Cattedrale al Santuario, per lucrare le indulgenze concesse da Papa Innocenzo VIII, già Vescovo di Molfetta. I pellegrini nel celebrare la festa, recandosi alla Basilica della Madonna dei Martiri, nell’ottava di Pasqua, consumavano questo tipico dolce nel significato simbolico di essere “scarcerati”, liberati dal peccato, con l’indulgenza. Dolce simbolo di “portafortuna”, anche, la piddikeddə o taralli glassati con gilepp che tradizione vuole si preparano il Venerdì Santo.

Sempre dolce pasquale e ricoperto di glassa di zucchero è la Scarpetta di Oria, nel Brindisino. Pare fosse realizzato dalle suore benedettine presenti ad Oria nel Monastero di San Benedetto. A seguito della confisca dei beni ecclesiastici delle suore da parte dello Stato Sabaudo (tra il 1861 e il 1866), queste furono costrette ad abbandonare Oria ma qualcuna, rimasta in loco, continuò a produrre i dolci monacali e a diffonderli tra gli abitanti di Oria, soprattutto, ai malati in quanto facilmente digeribile e con un elevato contenuto energetico. Immancabile, infine, l’agnello in pasta di mandorla preparato per la prima volta nel lontano ‘800 dalle suore benedettine di San Giovanni Evangelista di Lecce, da ammirare per il fascino estetico ed unico da assaporare.

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