Mercoledì 19 Novembre 2025 | 09:58

Taranto, non solo falle nella sicurezza: troppe anomalie nell’Afo 1

Taranto, non solo falle nella sicurezza: troppe anomalie nell’Afo 1

 
francesco casula

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francesco casula

Anomalia all'Afo1 dell'Ilva a Taranto, allarme operaio evita scoppio

L'Alto Forno 1 dell'ex Ilva di Taranto

Un problema al nastro trasportatore e l’uso di materiale inidoneo hanno portato al rogo di maggio: le nuove carte dell’inchiesta

Mercoledì 19 Novembre 2025, 08:15

Non solo dispositivi non funzionanti da mesi, ma anche anomalie avvertite da giorni nel funzionamento dell'Altoforno 1 dell'ex Ilva di Taranto. I nuovi documenti dell'inchiesta sull'incidente che il 7 maggio scorso divampò nell'impianto dello stabilimento siderurgico mettono in luce tutte le criticità che secondo la procura ionica sono emerse nel corso dell'indagine avviata per fare luce sull'incidente che ha portato al sequestro dell'area.

Nel decreto con cui il pubblico ministero Francesco Ciardo ha rigettato l'istanza di revoca dei sigilli avanzata ad agosto dal Acciaierie d'Italia in As si legge infatti che non solo già dalla ripartenza di Afo1, a ottobre 2024, era noto il mancato funzionamento di una «termocoppia», dispositivo che misura la temperatura durante il processo produttivo, ma che tra le cause del rogo ci sarebbero almeno altre concause e tra queste anche la «composizione della carica», vale a dire il materiale che si introduce nei forni per l'attività produttiva. L'attività investigativa svolta dai tecnici dello Spesal e la stessa relazione fatta da Paul Wurth per conto di AdI, infatti, ha chiarito che quel materiale caricato nell'altoforno aveva «una riduzione della percentuale di agglomerato rispetto agli standard operativi» e aveva causato una marcia irregolare dell'impianto. In parole più semplici, l'azienda era alle prese con un disservizio del nastro trasportatore che portava materiale dal reparto Agglomerato all'Altoforno1 e per evitare di interrompere l'attività è stato caricato nell'impianto materiale differente. Questa decisione avrebbe «contribuito a creare una situazione di potenziale rischio».

Anche il lavoratori interrogati dagli inquirenti hanno confermato le «disfunzioni nel processo». In particolare uno di loro ha parlato di «materiale non ottimale» che proveniva «dal parco (minerali, ndr) e non dalla produzione della cokeria e dell'agglomerato»: nell'altoforno, quindi è stato inserito un prodotto «più poroso, polveroso, pertanto, difficile da processare all'interno del forno. Questa caratteristica ha giocato un ruolo fondamentale sull'andamento anomalo della marcia del forno in quei giorni». Anche nei giorni precedenti, quindi, il funzionamento dell'impianto non era stato regolare. «D'altra parte – si legge ancora nelle nuove carte dell'inchiesta - gli accertamenti dello Spesal sul punto risultano, allo stato potenzialmente preoccupanti» proprio a causa delle «condizioni generali dell'impianto dopo un «considerevole periodo durante il quale il forno è stato alimentato con materiale inidoneo che ne determinava la marcia irregolare».

Un altro elemento che, come svelato ieri dalla Gazzetta, per gli inquirenti avrebbe contributo a generare un incidente che solo per caso non ha registrato feriti. Una marcia irregolare registrata per giorni dagli operatori di Afo1 che si aggiunge al mancato funzionamento della termocoppia che non è mai stata riparata o sostituita nei sette mesi il riavvio di ottobre 2024 e l'incendio di maggio 2025. Per il pm Ciardo, che ha coordinato il lavoro dei Vigili del Fuoco, dai tecnici dello Spesal, di Arpa Puglia e dalla sua consulente tecnica - Paola Russo, docente di Chimica Industriale e Tecnologica alla Sapienza di Roma – questa «grave carenza ha impedito il tempestivo rilevamento di eventuali anomalie termiche» e «non ha consentito l'attivazione delle procedure operative previste». Ed è anche per questo che ad agosto la procura non ha dissequestrato l'impianto: perché accertare le cause di quell'incidente «risulta necessario e fondamentale per i rilevantissimi profili attinenti alla sicurezza dell'impianto e di conseguenza dei lavoratori ivi impiegati» e anche per la «comunità cittadina posta in prossimità dello stabilimento». Quell'evento di «pericolosissima portata», cioè, deve essere approfondito per salvaguardare la vita e l'incolumità dei lavoratori e anche di chi vive nelle vicinanze della fabbrica.

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