TARANTO - Finiscono a processo in 8 tra dirigenti dell’ex Ilva gestita dai Riva, coinvolti nell’inchiesta per la morte dell’operaio 48enne Tommaso Cavallo, ucciso nel 2022 da un mesotelioma contratto, secondo l’accusa, a causa dell’esposizione alle fibre di amianto durante i vent’anni di lavoro nella fabbrica di Taranto. A deciderlo è stato il giudice Pompeo Carriere che ha rinviato a giudizio Luigi Capogrosso, difeso da Carmine Urso, Vincenzo Vozza e Pasquale Annicchiarico, che per oltre dieci anni e fino all’inchiesta “Ambiente Svenduto”, ha diretto lo stabilimento siderurgico, ma anche i successivi direttori che si sono avvicendati tra il 2012 e il 2016. Tra questi, ad eccezione dell’ex dg Adolfo Buffo, ormai deceduto, ci sono Antonio Lupoli, Ruggero Cola e Antonio Bufalini, difesi dagli avvocati Gaetano Melucci e Donatello Cimadomo, e i 4 procuratori speciali e subdelegati in materia di salute e sicurezza, Giovanni Valentino, Salvatore D’Alò, Vito Ancona e Giovanni Donvito.
Nei loro confronti il pm Francesco Ciardo ha contestato il reato di cooperazione in omicidio colposo: anche la società è finita sotto accusa per non aver adottato ed «efficacemente attuato modelli di organizzazione e di gestione idonei» a tutela della salute dei suoi lavoratori e aver risparmiato denaro evitando gli investimenti sulla sicurezza.
Per gli inquirenti, gli effetti dannosi dell’esposizione alle polveri di amianto erano noti sia ai vertici dell’azienda che ai suoi dirigenti, obbligati dalle norme di legge a mettere in atto tutte le misure previste per scongiurare il verificarsi di eventi dannosi.
Per la procura, infatti, gli imputati erano tenuti non solo a informare chi giornalmente lavorava a contatto con l’amianto, avvertendo sui rischi per la salute, fornendo le mascherine di protezione, ma anche e soprattutto avrebbero dovuto «effettuare la valutazione del rischio e stabilire le misure preventive e protettive da attuare».
Tommaso Cavallo aveva lavorato per l’acciaieria dal 1999 al 2018 e aveva scoperto di essersi ammalato di cancro nel 2020, perdendo la vita il 6 aprile di due anni dopo: l’operaio, originario della provincia di Brindisi, per 19 anni aveva operato tra l’Acciaieria e la Cokeria. Secondo gli inquirenti, proprio quelle mancate precauzioni e tutele, a partire dalla semplice mancanza delle mascherine durante il lavoro, lo hanno sovraesposto alle polveri velenose e fatto dunque ammalare. Una malattia che poi l’ha portato alla morte.