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Un’Italia senza carbone? Cominciamo da Taranto

 
Maristella Massari

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Maristella Massari

Un’Italia senza carbone? Cominciamo da Taranto

La sfida di Legambiente: siderurgia e rinnovabili devono convivere

Sabato 18 Novembre 2023, 09:00

TARANTO - «Se noi vogliamo decarbonizzare l’economia italiana entro il 2050 come ci chiede l’Europa con il “Green Deal” noi dobbiamo decarbonizzare la produzione di elettricità, dobbiamo decarbonizzare la mobilità, dobbiamo decarbonizzare l’agricoltura, l’edilizia ma non possiamo non decarbonizzare l’industria». Per Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente Taranto è uno snodo fondamentale del processo.

La sfida del «Green Deal» spinge l’Europa verso obiettivi ambiziosi di neutralità climatica al 2050 ma cosa significa questo per il settore siderurgico e in particolare per l’impianto Acciaierie d’Italia (ex Ilva) di Taranto? Quale futuro è possibile ipotizzare per l’unico impianto di produzione di acciaio primario in Italia, il più grande d’Europa, che nonostante annose vicende giudiziarie e legali, crisi occupazionali e produttive, nonché sanitarie, oggi sembra ancor più ancorato a un immobile passato.

Di decarbonizzazione, salute e occupazione si è parlato ieri a Taranto nel corso del convegno nazionale «L’acciaio oltre il carbone. Nuovi orizzonti a tutela della salute, dell’ambiente, del lavoro», organizzato da Legambiente, che ha visto la partecipazione di esperti e ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e delle parti sociali, innovative aziende europee del settore siderurgico e referenti istituzionali locali ed europei, con il sostegno ai lavori da parte del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin espresso tramite una lettera inviata proprio al presidente nazionale dell’associazione Ciafani.

«Noi siamo preoccupati della piega che ha preso la discussione perché Taranto è una delle frontiere principali della decarbonizzazione del Paese. Sono tante realtà in giro per l’Italia - ha affermato Ciafani -, ma bisogna partire dai settori che hanno più problemi nel ridurre l’uso dei combustibili fossili. E penso ai distretti petroliferi del ravennate, della Basilicata in Val d’Agri, della provincia di Siracusa e poi c’è la produzione di acciaio. Questo è l’unico impianto rimasto in Italia con ciclo integrale, l’acciaio primario sarà fondamentale continuare a produrlo. Ma se vogliamo decarbonizzare il Paese - ha affermato il presidente nazionale di Legambiente -, dobbiamo decarbonizzare anche la produzione di acciaio e se dobbiamo decarbonizzare la produzione di acciaio, questo è il momento ideale per fare gli investimenti giusti».

«È inutile fare investimenti su una strada che si sta per chiudere - ha aggiunto Ciafani -, perché tanto l’acciaio primario con la produzione attraverso il carbone, Cina e India lo faranno sempre a prezzi molto più concorrenziali di quello che può fare l’Italia e quindi non ha senso seguire la strada che altri paesi con economie emergenti stanno praticando a costi ultra concorrenziali. O rilanciamo l’ex Ilva su una strada innovativa oppure l’impianto produttivo di Taranto non ha futuro».

Ciafani ha anche replicato a Lucia Morselli, ad di Acciaierie d’Italia, che partecipando ad un workshop sul futuro dell’acciaio si era detta preoccupata per la sostenibilità finanziaria del piano di decarbonizzazione. «Lo Stato mi sembra che ci stia mettendo tanti soldi su questo stabilimento. Li ha messi quando era Italsider, li ha messi anche quando era di proprietà dei privati e ce li sta mettendo ancora oggi. Quindi che si invochi l’aiuto del pubblico mi sembra fuori luogo, visto che il pubblico purtroppo non ha mai fatto mancare il suo contributo. E dico purtroppo perché non è servito a nulla per rilanciare la produzione concorrenziale di questo stabilimento. Sicuramente il pubblico continuerà a fare la sua parte e noi ci continueremo a chiedere in questa città: i privati che c’erano prima e quelli che ci stanno adesso, quale contributo hanno dato a Taranto?».

«Per salvare l’ex Ilva, siderurgia e rinnovabili devono convivere - ha aggiunto ancora Ciafani -, solo imboccando senza tentennamenti la strada della decarbonizzazione. Lo esige il drammatico tributo di morti e malati che ha pagato il territorio tarantino. Le risorse e le possibilità tecnologiche ci sono, manca il coraggio di un’azione politica volta a intraprendere la strada dell’innovazione. L’ex Ilva da clamorosa sconfitta per il Paese deve diventare un simbolo della rinascita e della transizione ecologica. Taranto da una parte ha già dimostrato di voler puntare su innovazione e sostenibilità con il primo parco eolico offshore del Mediterraneo. Ora - ha concluso il presidente di Legambiente -, deve farlo anche sul fronte della siderurgia e della produzione dell’acciaio primario».

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