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Morto Modeo, il boss dei boss nella Taranto a mano armata

 
Giacomo Rizzo

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Giacomo Rizzo

Morto Modeo, il boss dei boss nella Taranto a mano armata

Martedì 16 Marzo 2021, 11:17

Un cognome pesante: Modeo. E una saga familiare che a Taranto evoca anni bui. Contese risolte a colpi di kalashnikov. Una guerra che contò 169 omicidi tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi del Novanta. Ieri è morto il boss dei boss, Riccardo Modeo. Aveva 63 anni ed era affetto da un male incurabile. Dopo aver trascorso 30 anni in carcere, negli ultimi mesi era stato ricoverato in diversi ospedali d’Italia e, da una decina di giorni, aveva ottenuto la detenzione domiciliare in casa di una sorella.

Riccardo Modeo scontava 4 ergastoli e una condanna a 30 anni per omicidio. Era a capo, con i fratelli Gianfranco (poi diventato collaboratore di giustizia) e Claudio (morto d'infarto nel 2013), del clan che, negli anni di piombo, si contrapponeva al gruppo guidato dal fratellastro Antonio Modeo, detto il «messicano», da Salvatore De Vitis e Orlando D'Oronzo.

L’inchiesta Ellesponto, sfociata prima nel blitz che decapitò la cupola mafiosa e poi nel maxiprocesso, ha ricostruito i collegamenti con la criminalità organizzata di altre regioni, la scalata ai santuari della droga, il racket delle estorsioni, gli omicidi a catena, una antologia di casi criminali che si è ben presto trasformata nella descrizione di un paesaggio degno forse più della penna di Sciascia che dei retorici resoconti verbali. La leggenda ruota attorno ad Antonio Modeo, soprannominato il «messicano» per i suoi tratti somatici che gli valsero una comparsata in un western all’italiana. Figlio di Cosima Ceci ma non di Giulio Modeo, dal quale comunque prese il cognome, il boss militante di Lotta continua aveva il controllo del Mercato Ortofrutticolo ed agiva per conto della Nuova Camorra Pugliese insieme ad Aldo Vuto, inizialmente spalleggiato dai fratellastri Riccardo e Gianfranco. L’organizzazione esercitava un forte potere di seduzione nei confronti dei più giovani. Questo è uno degli aspetti emersi dalle carte delle inchieste giudiziarie e dai rapporti antimafia, così come i ripetuti tentativi di infiltrazione negli ambienti della politica e dell’imprenditoria.

Quando Tonino Modeo faceva il contrabbandiere di sigarette e praticava le prime estorsioni, i suoi fratelli erano poco più che “cuccioli”, pur se mostravano una gran voglia di crescere e in fretta. Lo misero in chiaro verso la metà degli anni Ottanta, quando il «messicano» si era già costruito, dal suo punto di vista, una buona fama consolidando affari «puliti» con la grande industria siderurgica e contestualmente buttandosi nei traffici di stupefacenti con agganci in Calabria e nella Campania ancora influenzata dalla Nco (Nuova camorra organizzata) cutoliana, senza per questo rinunciare al controllo del racket delle estorsioni.

Fu qui che i Modeo si spaccarono definitivamente, approfittando anche dei movimentati impegni giudiziari di Tonino, ormai relegato nel suo «feudo» di Statte in una villa-bunker protetta da un alto muro abusivo o, a seconda dei periodi, latitante. Nel settembre del 1988 fu ammazzato “don Ciccio” Basile, un vecchio boss considerato punto di equilibrio della malavita. Ai suoi funerali parteciparono oltre duemila persone. Riccardo e Gianfranco, intanto, consolidarono la loro posizione attraverso le estorsioni, le rapine, il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Il «messicano» fu ucciso a Bisceglie (dove probabilmente aveva traslocato con la famiglia) il 16 agosto del 1990 per ordine di Salvatore Annacondia, il boss tranese soprannominato «mano mozza», su incarico dei fratellastri. La sua morte non significò la fine né del suo clan (che alla fine ne uscirà vincitore) né della guerra di mafia a Taranto, che anzi parve diventare ancora più violenta. Alcuni gravi episodi, come la strage della barberia dell’1 ottobre 1991, contribuirono però a scuotere le intorpidite coscienze cittadine e a fornire una risposta forte ed esemplare delle forze dell’ordine e della stessa società civile. Una memoria da mantenere sempre viva.

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