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ArcelorMittal, il premier Conte: «Vuole lasciare Taranto? Riprenderò in mano il dossier»

 
Mimmo Mazza

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Mimmo Mazza

Taranto, Ilva: prestito o buonuscita

La multinazionale per restare avrebbe chiesto un prestito di 400 milioni di euro garantito dallo Stato

Giovedì 21 Maggio 2020, 15:33

16:40

TARANTO - «Ora riprenderò in mano il dossier per un aggiornamento». Lo dice il premier Giuseppe Conte rispondendo ai cronisti al Senato sulla possibilità che ArcelorMittal paghi una penale se lascerà Taranto.

PRESTITO O BUONUSCITA - O va via, tentando di pagare una buonuscita inferiore ai 500 milioni di euro già pattuiti con scadenza temporale il prossimo novembre, oppure resta, utilizzando un prestito garantito dallo Stato. La permanenza di ArcelorMittal alla gestione del complesso aziendale ex Ilva è giunta allo snodo decisivo. Fiaccata dalla crisi di mercato apertasi un anno fa e zavorrata dal coronavirus che ha ancora di più eroso ordini e spedizioni, la multinazionale sta trattando febbrilmente con il Governo, usando il consueto canale privilegiato con il Mef e con il suo titolare, il ministro Gualtieri. Ma i margini di manovra sono strettissimi in quanto una fonte autorevole del Governo spiega alla Gazzetta che non ci sono le condizioni politiche per concedere il prestito di 400 milioni di euro chiesto dall’amministratore delegato Lucia Morselli, che insomma «non passerebbe» al di là delle analogie che vengono fatte con Fca.

I legali dei commissari straordinari dell’Ilva si aspettano nelle prossime ore dai loro colleghi di ArcelorMittal una offerta concreta sul prezzo dell’addio anche se probabilmente occorrerà attendere l’esito dell’incontro convocato per lunedì prossimo dal ministro Patuanelli su richiesta dei sindacati. Al vertice parteciperà anche il ministro del lavoro Nunzia Catalfo che ieri ha parlato sul dossier: «La siderurgia è un asse strategico per il nostro Paese. Sull'ex Ilva bisognerà trovare una soluzione. Per questo lunedì prossimo insieme al ministro Patuanelli incontreremo sia i vertici aziendali che le parti sociali. Oltre al fatto che è un asse strategico per il nostro paese - ha detto il ministro - bisogna tutelare quelle migliaia di lavoratori che da tanti anni lavorano in questo contesto, non bisogna giocare con la vita dei lavoratori. È importante che questa questione si risolva e si risolva in modo chiaro e nel più breve tempo possibile». «L'ex Ilva di Taranto mantiene l’Italia in serie A» ha invece detto Antonio Gozzi, presidente di Duferco e già numero 1 di Federacciai per il quale «bisogna trovare una soluzione perché la fabbrica possa vivere. Certo se Mittal farà un passo indietro sarà difficile trovare un’altra soluzione, anche perché la situazione è ancora più in crisi oggi».

Secondo il consigliere regionale del Pd Michele Mazzarano «il tentativo esperito di affidare la gestione del più grande stabilimento d’acciaio d’Europa ad un soggetto privato è giunto al termine, è arrivato il momento in cui lo Stato intervenga direttamente». Secondo Mazzarano «ArcelorMittal ha fallito ed è giusto che lasci Taranto perché ha sbagliato le sue previsioni sui conti economici nella logica esclusiva dell’andamento del mercato dell’acciaio». E se il consigliere regionale di Forza Italia Francesca Franzoso chiede al governatore Michele Emiliano di utilizzare «i suoi ottimi rapporti con l'ad Morselli per sbloccare i pagamenti alle ditte dell’indontto», a Taranto si prepara il sit in di protesta organizzato per domani dinanzi alla Prefettura di Taranto da Fim, Fiom e Uilm contro ArcelorMittal per la fermata degli impianti dell’area a freddo e l’aumento dei numeri della cassa integrazione con causale Covid. Alla manifestazione parteciperanno anche i sindacati edili Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil che lamentano con le imprese dell’indotto-appalto i ritardi nei pagamenti delle fatture scadute. Secondo Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, «il drammatico evolversi della vertenza ArcelorMittal, che vede fortemente a rischio gli investimenti necessari al rilancio produttivo e al risanamento dello stabilimento di Taranto, minaccia la tenuta occupazionale anche dei lavoratori edili occupati nell’appalto, già pesantemente penalizzati in questi anni da ammortizzatori sociali, dumping contrattuale e ritardi nei pagamenti della retribuzione da parte delle imprese». L'Usb ha indetto per la stessa giornata lo sciopero dei lavoratori diretti e dell’appalto, a partire dalle 7 e per 24 ore, con presidio davanti alla direzione dello stabilimento di Taranto.

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