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«Malattia terribile, ma insieme possiamo farcela», parla lo pneumologo del Moscati di Taranto

 
Maria Rosaria Gigante

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Maria Rosaria Gigante

«Malattia terribile, ma insieme possiamo farcela», parla lo pneumologo del Moscati di Taranto

l'ospedale Moscati illuminato col tricolore

Il dottor Massimo Soloperto ha raccontato sui social un pensiero commovente alla fine di un'altra giornata di lavoro

Martedì 31 Marzo 2020, 12:35

«Tutti i rumori nella notte si amplificano nel buio della mia stanza». Comincia così il post che Massimo Soloperto, pneumologo dell’ospedale Moscati, in prima linea nella lotta contro il Coronavirus, ha affidato l’altro ieri notte a Facebook.

Dottor Soloperto, un messaggio commovente…
Solo riflessioni di un medico che lavora da 25 anni e che non pensava di ritrovarsi in questa situazione a combattere contro una malattia terribile sia per le caratteristiche cliniche, sia per il peso emotivo che crea. E’ straziante pensare a questa gente che rimane sola quando avrebbe bisogno di conforto.

Per fortuna, c’è il vostro sguardo.
E’ l’unica maniera per poter comunicare e darsi forza perché bisogna avere molta forza, coraggio, dedizione e molta passione. Altrimenti, dopo un po’, uno non ce la fa più. Per il medico o un infermiere, il contatto umano è fondamentale. Invece, ora hai davanti a te il paziente che devi curare e che, al tempo stesso, potrebbe essere un’insidia per la tua salute.

Cambiato anche l’approccio alla cura?
Non siamo abituati più alle malattie infettive. Noi non abbiamo più una cultura del contagio così stretto. Sì, ci fa paura questo nemico invisibile che non vedi da nessuna parte, però è lì vicino a te.

Quale il momento peggiore?
Quando ci si concentra sul proprio lavoro e sei sotto uno scafandro in cui ti senti morire dentro, ti manca l’aria, spesso sei senza occhiali che potrebbero contaminarsi e magari devi leggere i valori di uno strumento… è una situazione di angoscia, drammatica. E’ un carico stressante per un medico e per un paziente.

Ha visto morire qualcuno?
No, grazie a Dio, no. Ma trasferire pazienti in Rianimazione sì, dove poi sono stati intubati.

Quali i momenti in cui vede una luce?
Quando i pazienti pian piano cominciano a migliorare e cominciano ad avere fiducia in loro stessi. La condizione di questa malattia è estremamente debilitante, toglie l’energia, svuota completamente, dà una debolezza estrema, un’astenia profonda che arriva sino all’anima. Poi pian piano senti tornare le forze, torna il respiro e, non appena ci si può mettere in contatto con i propri cari, il telefonino diventa uno strumento straordinario. No, grazie a Dio, sono più i momenti belli.

Quindi, state vedendo tante guarigioni?
Sì, anche in Rianimazione. Certo, chi è affetto da altre patologie o chi è particolarmente anziano, ha meno possibilità di farcela.

Crede che quanto sta accadendo vi cambierà molto?
Sì. Non vediamo l’ora di tornare alla normalità, poter toccare il paziente, poterlo visitare, sorridergli, dirgli una parola di incoraggiamento, accarezzarlo. Sì, credo che questa esperienza ci renderà un po’ più umani. Sarà per tutti così. Credo che il prossimo Natale, stare in famiglia sarà diverso.

E, a proposito di famiglie, quanto vi mancano? Molti di voi si sono autoisolati per proteggere i propri cari…
Personalmente, ho una condizione particolare. Mentre quasi tutti i miei colleghi hanno trovato una sistemazione lontano dai familiari, vicino all’ospedale, io ho una madre ultranovantenne, assistita dalle badanti, che ha bisogno di un riferimento. Pur sapendo che per lei potrei essere un pericolo, la notte torno a casa e ascoltare quel respiro tranquillo per me è un conforto. Sì, certo, ai medici ed infermieri è stato chiesto un sacrificio enorme. E’ un continuo patema d’animo per chi ha figli. Stringe il cuore a tutti. Ma lo facciamo perché è il nostro lavoro. Non siamo eroi, ma fondamentalmente l’umanità dei medici è profondissima.

Dottore, quanto durerà ancora?
Durerà. Pur se non tempestivi, questi provvedimenti del governo hanno permesso almeno a noi al sud di poter organizzare una difesa e l’infezione è stata dilazionata nel tempo. Se fosse stata lasciata a se stessa , soprattutto qui da noi avremmo avuto milioni di morti.

Siete attrezzati in modo giusto?
Al momento, sì. Ed è commovente che ci si siano così tante donazioni. Non finiamo di dire grazie a tutti, dalle associazioni ai semplici cittadini. A dimostrazione che siamo un grande popolo.

Un messaggio ai parenti dei vostri pazienti?
Avere forza, fiducia e speranza. Molti loro cari sono già fuori da questa situazione e sarà bellissimo poterli presto riabbracciare.


Ed a tutti gli altri?
Condivido in pieno quello che ha detto il Papa: nessuno si salva da solo ed abbiamo tutti bisogno di tutti. L’umanità è fatta di solidarietà.

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