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Lo spettro «riduzione» nel piano ArcelorMittal: l'incontro al Mise

 
Alessandra Flavetta

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Alessandra Flavetta

Ex Ilva, sindacati: anomalie su assunzioni e esuberi

«Scudo penale in secondo piano, crisi acciaio e dazi pesano»

Giovedì 31 Ottobre 2019, 09:47

Ammettono che sarebbe difficile mantenere gli impegni assunti sul fronte produttivo ed occupazionale per l’ex Ilva di Taranto, il nuovo Presidente e Ad di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, il Presidente del gruppo Aditya Mittal e il Ceo per l’Europa, Geert Van Poelvoorde, nell’incontro che si è svolto ieri pomeriggio al Ministero dello Sviluppo Economico con i ministri Stefano Patuanelli e Giuseppe Provenzano, titolare del dicastero per il Sud. Non solo quindi andrà verificato l’accordo con i sindacati del 6 settembre 2018, nel prossimo incontro previsto dal governo con i vertici della multinazionale, i rappresentanti dei lavoratori e le istituzioni locali, ma potrebbe esserci anche una revisione del contratto d’affitto finalizzato all’acquisto siglato nel giugno 2017.

La nota congiunta del Mise e del Ministero per il Sud è stringata, per non dire l’indicibile: cioè che l’ex Ilva potrebbe diventare un’acciaieria mignon, con un ridimensionamento del numero degli occupati dettata dalla riduzione della produzione, condizionata non solo dalla crisi del mercato dell’acciaio, dai dazi, dalle regole europee per le importazioni di acciaio extra Ue e il sistema ETS di scambio delle quote di emissione di Co2 dell’Ue, ma dal sequestro del IV sporgente del porto di Taranto dopo l’incidente mortale di luglio e l’ipotizzato spegnimento dell’Altoforno 2. «Il governo ha confermato, di fronte ai vertici di Arcelor-Mittal, la piena consapevolezza del valore strategico per il nostro Paese dello stabilimento ex Ilva di Taranto, e ribadito con forza – spiega il comunicato – la necessità di garantire la continuità produttiva, la realizzazione del piano ambientale e la tutela occupazionale. A fronte delle criticità rappresentate dall’azienda, maturate nei mesi scorsi e dovute anche a fattori di contesto, che renderebbero difficile il mantenimento degli impegni assunti sul fronte produttivo e occupazionale, il governo si è detto disponibile ad approfondire e verificare tutte le condizioni e gli strumenti per affrontarle e risolverle».

Lo scudo legale è solo un problema marginale, per Mittal, dopo che il Ministro Patuanelli ha ribadito, anche nel tavolo della scorsa settimana con Fiom, Fim e Uilm, che nel caso sia necessario, ci sarà un provvedimento che specifichi i casi di non punibilità previsti dall’art.51 del Codice penale, dopo la soppressione dell’art. 14 del decreto salva imprese, che escludeva la responsabilità penale e amministrativa di commissario straordinario, affittuario o acquirente dell’ex Ilva per le condotte poste in essere attuando il Piano ambientale.

La vera questione riguardano le perdite di 50 milioni di fatturato al mese, in Italia, e non bastano i 1400 addetti messi in Cassa integrazione per 13 settimane, rompendo gli accordi sindacali. Ecco perché si ragiona su una permanente riduzione dei dipendenti – fino a 2.500 – non rispettando il piano di assunzioni concordato con i sindacati (10.700 lavoratori, di cui 8.200 a Taranto), forse con un ulteriore giro di incentivi all’esodo. E non è esclusa la possibilità di trovare un nuovo socio di minoranza per il primo player dell’acciaio mondiale: un privato o la stessa Cassa Depositi e Prestiti, che era nella cordata rivale AcciaItalia (con Arvedi, Del Vecchio e Jindal), che perse il bando di gara per rilevare gli asset dell’Ilva in Amministrazione straordinaria. In cambio, in linea con gli impegni di riduzione delle fonti fossili cari al governo e al nuovo corso dell’Ue, ArcelorMittal potrebbe trasformare in «green» parte della produzione nello stabilimento di Taranto, con forni elettrici o l’adozione di uno dei brevetti che sta sperimentando nei suoi siti europei.

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