BARLETTA - «Il principio di base non è altro che la così detta “agricoltura molecolare” che si traduce nell’utilizzo di comunissime piante o frutti naturalmente edibili e di giornaliero consumo in vaccini (parliamo potenzialmente di patate, lattuga, mais, pomodoro, carota): con il consumo di tale alimento il soggetto risulta vaccinato. Non c’è nessun tipo di iniezione, non occorre nessuno stoccaggio del materiale a temperature di refrigerazione, non occorre personale medico addetto per la somministrazione». Sorride con la leggerezza di chi si impegna ogni giorno Alessia Pagazzo, barlettana 28enne, quando racconta del progetto portato a termine nei mesi scorsi alla School of Medicine dell’Università Tulane a New Orleans, Stati Uniti. Un traguardo raggiunto grazie ad un curriculum stellare: maturità scientifica al «Cafiero» di Barletta, laurea triennale in Scienze e tecnologie alimentari alla facoltà di Agraria dell’Università di Foggia e Laurea magistrale, sempre in Scienze e tecnologie alimentari, alla facoltà di Agraria dell’Università di Bari con 110 lode e plauso accademico della commissione.
Da incorniciare la tesi di laurea magistrale sul tema del «molecular farming e l’utilizzo di piante agrarie per lo sviluppo di molecole di interesse industriale e farmaceutico».
Poi aggiunge: «Si lavora sull’alimento e sulla sua genetica in modo tale che un qualunque soggetto, ingerendo l’alimento come normalmente si mangiano tutti gli alimenti, risulti vaccinato. Questo si traduce in una semplicità di trasporto di tali prodotti anche in parti del mondo dove ad oggi è più difficile poiché troppo distanti (causa dell’inattivazione dei vaccini convenzionali in fiala) o addirittura lavorare direttamente in loco, con piante e frutti autoctoni e quindi abbattendo tutti i costi annessi alla produzione fuori sede, al trasporto e consegna sterile, stoccaggio, personale medico addetto e quant’altro. Diventa evidente l’effetto che ne deriverebbe quale la possibilità di salvare moltissime persone, adulti o bambini, da malattie o problematiche che in paesi Europei e non, a medio ed alto reddito, sono già di gran lunga superate e/o addirittura completamente debellate».
Ancora: «Si inserisce nella pianta il vaccino per una data malattia. Il soggetto ingerisce la parte edibile della pianta o qualunque sia l’alimento. All’interno del corpo il sistema immunitario attiverà un processo che porterà alla produzione di anticorpi contro quella malattia. La persona, se in seguito venisse a contatto con l’eventuale batterio, virus o microrganismo infettivo causa di quella malattia, possiederà già un sistema di difesa capace di riconoscerlo e di proteggere così il soggetto. Come per i vaccini convenzionali, affinché sia validato questo vaccino, deve essere assicurato e garantito un livello di sicurezza ed efficacia dello stesso».
La conclusione: «Parte del mio guadagno posso definirlo inquantificabile materialmente perché l’esperienza diretta e il cambio di vita radicale ed in solitudine intesa tale per esempio a differenza dei progetti Erasmus universitari che invece danno supporto e presenza costante ed in toto agli studenti che trascorrono un breve periodo all’esterno in altre università anche in termini burocratici, mi ha dato e continua a darmi modo di crescere molto velocemente e parallelamente anche sotto punti di vista che non avrei mai pensato».
Intanto per non farsi mancare niente Alessia ha vinto (seconda in graduatoria su 25) un dottorato di ricerca presso l'Università degli Studi di Foggia a tema «Ambiente, sostenibilità, territori, innovazione e sicurezza».
Chapeau.