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Alessandra, da Barletta alle zone di guerra: «Ecco cos’è Medici Senza Frontiere»

 
Ninni Perchiazzi

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Ninni Perchiazzi

Alessandra, da Barletta alle zone di guerra: «Ecco cos’è Medici Senza Frontiere»

Alessandra Giudiceandrea, classe 1980, operatrice umanitaria pugliese appena rientrata dal Congo, oggi alle 18 all'Officina degli Esordi (via Crispi 5), nel corso dell'incontro - «Dai una mano a chi dà una mano: scopri il volontariato di Medici Senza Frontiere»

Giovedì 16 Marzo 2023, 07:46

BARI -  Un gancio in mezzo al cielo per centinaia di migliaia di donne, bambini e uomini, alle prese con drammi e tragedie causate da guerre, povertà, malattie, violenze ed emergenze. Settantadue Paesi interessati, 65mila operatori umanitari e più di 72 milioni di visite mediche effettuate in tutto il mondo, Medici senza Frontiere, dagli anni '70 è impegnata in prima linea a portare soccorso medico-umanitario, ma anche a fare denunce e assumere prese di posizione su temi umanitari.

Un coinvolgimento fatto di assistenza, aiuto e testimonianza, come quella che darà Alessandra Giudiceandrea, classe 1980, operatrice umanitaria pugliese appena rientrata dal Congo, oggi alle 18 all'Officina degli Esordi (via Crispi 5), nel corso dell'incontro - «Dai una mano a chi dà una mano: scopri il volontariato di Medici Senza Frontiere» -, finalizzato alla costituzione di un nuovo gruppo di volontari nel capoluogo. «L'appello è rivolto – spiegano da Msf -, non necessariamente a medici o ad esperti ma semplicemente a persone che abbiano voglia di donare il loro tempo libero per organizzare eventi di sensibilizzazione e raccolta fondi e raccontare a livello locale le crisi dimenticate dei paesi in cui lavoriamo». Alessandra, barlettana doc, lavora con Medici Senza Frontiere dal 2009 e ha alle spalle diverse missioni in contesti difficili come Haiti, Repubblica Democratica del Congo (dove è attualmente capo missione da un anno), Costa D’Avorio, Somalia, Sud Sudan, Afghanistan, Pakistan, Burundi. Adesso è a Barletta dalla famiglia, dove torna quando rimette piede in Italia.

Una scelta di vita radicale?

«Sono andata via per fare l'università a Forlì. Ho studiato relazioni internazionali perché volevo fare la carriera diplomatica. Poi per caso, dopo l’università, mi sono avvicinata alla realtà della cooperazione e allo sviluppo dell’umanitario. Che mi ha interessato molto di più dal punto di vista professionale. Per me è una scelta di vita, è un lavoro che mi piace mi interessa».

Cosa l'ha spinta a diventare operatrice umanitaria?

«Un po’ la curiosità di conoscere altre culture e altri modi di vivere è stato decisivo. Poi un lavoro del genere ti dà la possibilità di aiutare in prima persona le realtà meno fortunate del mondo, ma anche di poter testimoniare queste realtà. Inoltre ti permette di contribuire a dare aiuto e cure mediche a popolazioni in difficoltà».

Le équipe d’urgenza di Msf forniscono assistenza sanitaria di base e chirurgia, sostegno alle vittime di violenza sessuale, oltre alla cura e prevenzione delle malattie come Aids, colera e morbillo. Esperienze che lasciano il segno. Ne ricorda qualcuna?

«In tanti anni si collezionano tantissimi ricordi. È davvero difficile scegliere. Certo ci sono state esperienze molto difficili, anche situazioni di conflitto in cui non ci sente completamente a riparo da rischi, ma è una realtà che fa parte del lavoro. Lo scorso anno ad Haiti c’è stato il terremoto: è stato estremamente difficile, perché abbiamo dato aiuto umanitario, ma siamo stati anche vittime del terremoto. È stato difficile essere vittime e allo stesso tempo aiutare i feriti, affrontare emergenza e predisporre soccorsi».

E le esperienze in positivo?

«Sono molto di più. Fortunatamente. Quando, nelle zone di conflitto si riesce a vedere arrivare i feriti, ma poi curarli e farli uscire avendo salva la vita, è la riprova del lavoro che si fa. E' una ricchezza. Poi è molto importante il contributo dei colleghi, perché si tratta di una vita che richiede un impegno H24 con persone di nazionalità e mentalità diverse. Credo che ogni individuo che si incontra porti ad un arricchimento».

Qual è il feedback che ricevete dalla gente?

«l lato umano è preponderante. Msf tra i propri principi ha quello dell’indipendenza per cui non accettiamo soldi da parte dei governi per l’attività che svolgiamo, se non in minima parte. Questo consente la libera scelta di poter intervenire sulla base di un criterio di bisogno sanitario e di accessibilità nelle zone. Questo fa la differenza, perché in tantissimi contesti, siamo i soli a poter rispondere e accedere. La popolazione ci conosce, da tanti anni, sa cosa facciamo, lo apprezza e capisce benissimo che siamo neutrali, che non prendiamo parte in nessun conflitto».

Che idea si è fatta della vicenda di Cutro?

«Non entro nel merito politico, però mi spiace moltissimo che si dia attenzione alla migrazione quando succedono dei disastri. Sarebbe importante mettere in prospettiva tutti i flussi migratori del mondo e le cifre, al fine di poter comprendere meglio le realtà in modo globale. È molto delicato fare questi ragionamenti, mettere l’Africa tutta insieme, quando invece è un mondo variegato con Paesi diversi, realtà differenti. Credo ci sia una eccessiva semplificazione attorno a ciò che è immigrazione».

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