Lui è tra quelli che «hanno visto Maradona». Vivendolo da vicino. E non un solo giorno. Quasi per quattro anni. Giorgio Perinetti ha conosciuto il Pibe de Oro nell’epoca più bella. Dal 1987, quando entrò nel club partenopeo come capo degli osservatori e responsabile del settore giovanile, fino all’epilogo, quando, già divenuto direttore sportivo degli azzurri, comunicò al «Dieci» più forte e chiacchierato di tutti i tempi, la positività alla cocaina nel test delle urine effettuato dopo Napoli-Bari del 17 marzo 1991. Quel Bari che poi è diventato parte del suo cuore, con la cavalcata in A del 2009 ed il decimo posto nel massimo campionato del torneo successivo. Perinetti oggi è il direttore sportivo del Brescia. E ci racconta il «suo» Maradona. Ne viene fuori un affresco di straordinaria umanità.
Giorgio Perinetti, in questi giorni tutti ricordano, fra le altre cose, quando Maradona incappò nella vicenda cocaina. Fu lei ad annunciare al grande Diego l’esito del controllo antidoping, Come andò?
«Quell’episodio segnò la fine della straordinaria epopea italiana di Maradona. Per me è un ricordo molto triste. Quando gli detti la notizia, si portò una mano al fianco sinistro e fece una smorfia che non dimenticherò mai. Sapevamo entrambi che la sanzione sarebbe stata pesantissima e che quell’episodio avrebbe segnato il suo distacco da Napoli. Non a caso, poche settimane dopo, partì per l’Argentina».
Quali sono, invece, i momenti belli che porterà sempre con sé?
«Ce ne sono molti. L’apice fu lo scudetto del 1990, la festa sul traghetto con tutte le famiglie. Era il coronamento di un’impresa incredibile, in un campionato che per Diego partì con qualche difficoltà sul piano fisico. Quando rientrò, ingranammo la marcia, ci trascinò con una clamorosa rimonta sul Milan».
Che cosa può raccontare del Maradona vissuto quotidianamente?
«Sul piano sportivo, c’è poco da aggiungere. Maradona è il calcio, in ogni particolare. Ma io non posso dimenticare l’uomo. Che sicuramente avrà commesso degli errori, ma facendo male solo a se stesso. Con gli altri Diego era una persona di una generosità straordinaria. Era un leader con un grande cuore. Aveva un incoraggiamento per tutti, un sorriso, uno sprone. In campo, con le marcature a uomo, era puntualmente massacrato: eppure, non ha mai reagito, mostrando un rispetto unico per i suoi avversari. Ora è facile parlarne, ma non penso che esisterà mai un campione del suo livello che abbini pari umiltà e umanità».
Il calcio ai tempi del coronavirus ha perso pure una leggenda come Maradona: che momentaccio...
«Senza Diego tutto sarà meno magico. Il calcio ha perso un riferimento assoluto. Ma tutti noi che operiamo in questo mondo, abbiamo un dovere: andare avanti perché il calcio torni come prima. Con la gente sugli spalti, con la passione, con gli eventi di grande spessore. Questo è il mondo che Diego amava e di certo vorrebbe ritornasse il prima possibile. Sperando che pure il Governo ci sostenga, ricordando che il calcio è una delle principali industrie nazionali e produce uno straordinario gettito fiscale».
Torniamo sul campo: il suo Brescia condivide la serie B con il Lecce. Che impressione ha dei salentini?
«Corvino ha costruito su una base già solida un complesso molto forte ed equilibrato. Lotteranno fino alla fine per la promozione diretta. Il Brescia al momento è attardato: purtroppo, paghiamo tre ondate di coronavirus all’interno del nostro gruppo. Ma ci rialzeremo e daremo battaglia».
Un pensiero sul “suo” Bari è d’obbligo…
«Credetemi, non voglio entrare in dinamiche di campo perché il sentimento che mi lega al Bari è troppo forte. Dico solo che io nel 2009-10 ho accarezzato l’idea di sbarcare in Europa: ecco, quella è la dimensione del Bari, con il San Nicola gremito ogni domenica. La priorità ora è uscire dalla serie C. Per quanto riguarda me, mi tengo il rammarico di essere stato costretto a lasciare un posto che amavo e di non aver mai avuto la possibilità di tornarci. Ma Bari resta dentro. E quando mi sento un po' giù, vado su youtube e mi rivedo i successi in B con Sassuolo o Albinoleffe. O le partite in A con Inter, Juventus, Lazio. E mi emoziono come allora».