Domenica 28 Settembre 2025 | 01:02

I distributori di bevande come punti di ritrovo attaccano la nostra identità

 
Giuse Alemanno

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Giuse Alemanno

I distributori di bevande come punti di ritrovo attaccano la nostra identità

Tornando a casa, in un orario in cui gli uomini commendevoli miei coetanei si stringono ai ricami del cuscino, nel nulla illuminato a sbalzi dai lampeggianti delle auto della Polizia, ho notato una sparuta pattuglia di tiratardi

Domenica 03 Marzo 2024, 10:58

Più angosce del consentito popolano la mia città. Di notte, le ombre vincono le strade deserte. Tornando a casa, in un orario in cui gli uomini commendevoli miei coetanei si stringono ai ricami del cuscino, nel nulla illuminato a sbalzi dai lampeggianti delle auto della Polizia, ho notato una sparuta pattuglia di tiratardi. No, costoro non erano annoverabili tra i garantiti di famiglia; non avevano quella distintiva disposizione di chi può permettersi un bicchiere di troppo ogni sera, non indossavano quell’abbigliamento apparecchiato di finta improvvisazione che fa tanto sottendere particolari capacità di eleganza e di elevata scolarizzazione. Era un gruppetto di ragazzi semplici, tutti maschi; una rappresentanza di quelli che aumentano il fatturato dei mercanti di tute ginniche dai marchi contraffatti. E stavano là, al freddo, unici nel vuoto di una città vuota.

Una luce bianca li riuniva. Era l’insegna di uno di quei posti per strada dove sono ospitati dei distributori automatici di bevande e di spuntini dolci e salati (snack, in italiano, fa spuntino. Se posso evitare un anglicismo, lo evito). Insomma, il luogo di aggregazione di un gruppo di ragazzi era un posto che conteneva macchine che spurgavano Coca Cola al prezzo di un soldino. Sullo sfondo, il lampeggiante di un’auto della Polizia filtrava i colori del buio: ora blu, ora bianco; ora blu, ora bianco. Le soluzioni registiche di Stefano Sollima hanno trovato epigoni.

Ma le alterazioni di elementi cromatici non distrassero la mia inquietudine: è amaro constatare che un tempietto paesano del consumismo possa essere percepito da un gruppo di ragazzi come punto di riferimento per far tardi. Le bandierine che segnano i territori di conquista delle abitudini ‘made in USA’ (in questo caso, l’inglesismo è inevitabile) si spostano sempre più avanti.

Eppure un raffinatissimo umanista come Gyorgy Lukàcs aveva intuito il pericolo dell’invasività perniciosa statunitense già nel 1948. Nel suo La responsabilità degli intellettuali scrive: « … negli USA lavorano col metodo di una ipocrisia nichilista: distruggono l’autodeterminazione interna e esterna dei popoli in nome della democrazia; esercitano l’oppressione e lo sfruttamento delle masse in nome dell’umanità e della civiltà».”

Quei distributori automatici di bevande e spuntini attaccano la nostra identità e la nostra storia di uomini e donne del Sud. Con quei ragazzi dalle tute gaglioffe hanno già vinto. A me e a voi che leggete, tocca resistere.

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