La Repubblica Italiana ancora non c’era quando, per la prima volta, una legge riguardò la raccolta differenziata. Era il tempo della Napoli borbonica, capitale del Regno delle Due Sicilie. Ferdinando II, il 3 maggio 1832, emanò la norma che puniva con pene detentive i trasgressori che non mantenevano l’igiene delle strade dove si affacciavano case, botteghe, giardini, cortili, posti fissi e volanti e che non separavano i frantumi di cristallo o di vetro dal resto delle immondezze. Partendo da tale parametro, è da ritenersi mite e dolce la minaccia di chiusura attività per alcuni giorni, paventata nei confronti di chi - a Taranto - non dovesse conferire i rifiuti nei modi e nei tempi stabiliti dall’amministrazione che guida la città. All’arrivar di tali ipotizzate rampogne parte, immancabile, il rimpallare polemico delle responsabilità che, al pari di umano uroboro, raggiunge autoantropofagico risultato. Soprattutto perché i maggiori produttori di urbana rumenta pare siano distratti. Pare sia disattenta la Marina Militare, altrettanto svagato sembra sia l’Ospedale Santissima Annunziata, sbadati addirittura appaiono tanti ristoratori. È il serpente che si morde la coda: si cercano giustificazioni asserendo che non è possibile la raccolta differenziata perché non è istallato un numero congruo di contenitori idonei e perché non si conoscono condizioni infallibili di raccolta. Oppure che non è ottimizzabile la raccolta differenziata perché i rifiuti conferiti sono costantemente confusi e miscelati e perché non c’è nessun rispetto per orari e modalità di deposito dell’immondizia. Da questo stallo si esce in due modi: o col pugno duro impermeabile ad ogni discrezionalità (con l’incognita di chi dovrebbe esercitare un ruolo così severo di controllo), o con la crescita della coscienza collettiva e conseguente autodeterminazione virtuosa relativa ad ogni responsabilità civile. La prima soluzione è la più semplice e la meno efficace: effimera, dura il tempo della paura. L’altra è più difficile e necessita di più tempo e di buoni esempi, soprattutto provenienti dai distratti di cui sopra. Michael Novak, autorevole filosofo conservatore americano, sintetizzò la strada giusta, l’unica che permetta un risultato duraturo: «La nostra dignità di persone deriva dalla nostra capacità di riflettere e di scegliere, cioè dalla nostra capacità di autodeterminazione e dal fatto che quindi siamo responsabili della nostra sorte. Quando si parla di dignità umana, ci si riferisce a questa responsabilità di decidere autonomamente».
Anche di come conferire con regolarità i propri rifiuti.
















