Ricordo quel momento: gli alberi di ulivo, le cicale che oggi, come quel giorno non ci abbandonano. Noi proviamo a far uscire dalla testa i nostri figli e a metterli nel cuore, ma non è possibile". Poi, la voce di Vincenzo Tedone si interrompe. Suo figlio Francesco era a bordo di uno dei due treni che il 12 luglio di 9 anni fa, si scontrarono sulla tratta a binario unico gestita con il sistema del blocco telefonico da Ferrotramviaria, tra Andria e Corato, nel nord Barese. Un impatto devastante che uccise 23 persone e ne ferì altre 51. Da allora, genitori, fratelli, sorelle delle vittime tornano su quel binario per abbracciarsi, e provare a consolare quanto di più inconsolabile esista.
"Il pensiero a loro va ogni secondo delle giornate, tutti i giorni", continua Vincenzo mentre mazzi di fiori vengono posati sulla ferrovia. "Siamo qui per condividere i nostri sentimenti e perché parlare dei nostri ragazzi ci aiuta", aggiunge. Accanto a lui c'è Giuseppe Bianchino. Lui tra quelle lamiere aggrovigliate, ha perso sua figlia Alessandra. "Ogni anno siamo qui non per ripetere che tragedie simili non devono più succedere ma per chiedere giustizia", dice. Lo scorso 9 giugno, la Procura generale di Bari ha chiesto 15 condanne, tra i 12 anni e i 6 anni di reclusione, per gli imputati a cui sono contestati a vario titolo i reati di disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e falso. In primo grado il Tribunale di Trani condannò a 6 anni e 6 mesi di reclusione il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, e a 7 anni il capotreno del convoglio partito da Andria e diretto a Corato, Nicola Lorizzo, disponendo 14 assoluzioni. Il Tribunale escluse l'illecito amministrativo di Ferrotramviaria perché "il fatto non sussiste". "Speriamo che in secondo grado qualcosa cambi. Dobbiamo ancora credere nella giustizia", conclude Bianchino.