BARI - Negli ultimi due anni prima dell’arresto in flagranza per corruzione a dicembre 2021, Mario Lerario avrebbe utilizzato il 15% del suo tempo lavorativo per occuparsi degli appalti (truccati) e di come sfuggire alle indagini della Procura di Bari. È per questo che l’ex dirigente della Protezione civile, tutt’ora ai domiciliari con permesso di lavoro, dovrà risarcire la Regione con mezzo milione di euro.
Lo ha stabilito la Corte dei conti della Puglia, che ha condannato Lerario tanto per «danno da disservizio», cioè il tempo sottratto ai suoi compiti istituzionali, tanto per i soldi in più che avrebbe liquidato agli imprenditori amici. Gli stessi dai quali ha incassato le mazzette. I giudici (presidente relatore Pasquale Daddabbo, Marcello Iacubino, Andrea Costa) hanno accolto in larga parte la richiesta della Procura erariale, che con il vice procuratore generale Fernando Gallone aveva citato il 52enne di Acquaviva delle Fonti (difeso dagli avvocati Michele Laforgia e Paola Avitabile) per 770mila euro, compresi i 30mila euro che Lerario ha preso (lo dicono le sentenze penali, per quanto non ancora irrevocabili) dagli imprenditori Luca Leccese e Donato Mottola...