BARI - La vicenda della maxitruffa alla Regione per l’indennità compensativa in agricoltura si chiude con pene tutto sommato miti per i principali protagonisti. Ieri il Tribunale collegiale di Bari (presidente Marco Guida) ha ratificato le proposte di patteggiamento avanzate da sei imputati dopo il «no» del gup Alfredo Ferraro in udienza preliminare: il processo andrà avanti soltanto per alcune posizioni minori.
E dunque l’ormai ex avvocato bitontino Michele Primavera, 64 anni, di Bitonto, ritenuto la mente della truffa, ha patteggiato due anni e 5.200 euro di multa (lo ha difeso Francesco Ruggiero). Il suo braccio destro Oronzo Panebianco (assistito da Nicola Quaranta), 54 anni, di Bari, ha chiuso con un anno e 10 mesi e 3.800 euro di multa. Gli altri avvocati Assunta Iorio detta Susi, 46 anni, con un anno e 6 mesi e 2.600 euro di multa, Francesca Fiore, 55 anni, di Bari, con un anno e 10 mesi. Dieci mesi e 20 giorni per Luca Pedroncelli, 61 anni, di Bergamo. Patteggiamento a un anno e 8 mesi anche per la ex dipendente del Tribunale di Bari, Giuliana Tarantini (difesa da Massimiliano Carbonara), 59 anni, di Bari, che rispondeva di corruzione. Tutti hanno ottenuto il riconoscimento delle attenuanti generiche, sospensione della pena e non menzione. Le accuse inizialmente contestate a vario titolo (in alcuni casi riqualificate) erano associazione per delinquere finalizzata alla truffa alla Regione, falso, corruzione anche in atti giudiziari, riciclaggio e autoriciclaggio.
I patteggiamenti hanno ricevuto parere positivo dal procuratore Roberto Rossi, che ha condotto (insieme all’allora pm Francesco Bretone) l’indagine nata a maggio 2018 su denuncia della stessa Regione quando sono emerse le migliaia di ingiunzioni seriali depositate da un manipolo di avvocati sulla base dell’indennità compensativa e delle relative spese legali: in totale sarebbero stati pagati circa 28 milioni di euro a fronte di una sorte capitale non superiore ai tre milioni. A colpi di poche centinaia di euro alla volta, questi avvocati hanno incassato milioni di spese legali asseritamente maturate sulle cause avviate a partire dai primi anni 2000 per il recupero dell’indennità agricola, i sussidi che la Regione doveva pagare agli agricoltori a fine anni ‘80 e che per un periodo ha sospeso per mancanza di fondi.
Gli avvocati, anche con la complicità di qualche associazione di agricoltori, avrebbero fatto incetta di mandati e ne avrebbero falsificati altri utilizzando anche le generalità di persone decedute. Il tutto per fare soldi: gli avvocati facevano ad esempio eseguire un pignoramento sul conto di tesoreria della Regione per l’indennità non pagata, e in quella sede si presentavano in proprio (con l’assistenza di un altro avvocato dello studio) per reclamare le loro spettanze, che essendo crediti professionali hanno la precedenza. Un «giochino» (copyright del gip Abbattista) ripetuto migliaia di volte l’anno, per almeno sei anni, con la probabile complicità (almeno inizialmente) di qualcuno interno alla Regione che non è mai stato individuato.
Gli imputati hanno risarcito il prezzo del reato di corruzione ed hanno subito la confisca di una parte del patrimonio sequestrato a dicembre 2021 quando scattarono sei misure cautelari. Ma soprattutto, l’intervento della Procura ha consentito di salvare le somme pignorate sui conti della Regione che non erano ancora state oggetto di assegnazione. Il processo, partito con 23 posizioni, che aveva già visto due condanne e cinque assoluzioni in abbreviato (e un patteggiamento in udienza preliminare) andrà avanti con il dibattimento per alcuni altri imputati.