BARI - Dieci anni di consulenza al presidente della Regione Puglia sui temi della partecipazione e della parità di genere sono costati ai pugliesi qualcosa come 650mila euro lordi. Adesso anche la Corte dei conti vuole capire a cosa sono serviti i soldi pagati dal 2015 a oggi all’ex onorevole Titti De Simone. E proprio citando gli articoli della «Gazzetta», i giudici contabili hanno aperto un fascicolo per valutare la sussistenza di un possibile danno erariale.
Il caso è stato sollevato ad aprile, quando la «Gazzetta» aveva chiesto alla Regione le relazioni sulla attività della consulente De Simone, ex presidente del Pd di Bari e componente della segreteria nazionale Dem, recentemente candidata (non eletta) al consiglio comunale barese: la Regione ha risposto dichiarando che la relazione ha «carattere di rigorosa riservatezza, configurandosi l’attività della consigliera quale supporto e approfondimento all’organo politico». Dopo un ulteriore scambio di Pec (una richiesta di riesame al responsabile della Trasparenza) la Regione è stata costretta ad ammettere che la relazione in realtà non esisteva, ma è stata presentata soltanto il 15 maggio (cioè dopo la richiesta di accesso civico generalizzato della «Gazzetta»). Ed è stato confermato che la consulente ha l’obbligo di presentare mensilmente una attestazione sulla attività svolta, contestualmente alla richiesta di liquidazione del compenso. Cosa - fino a quel momento - mai avvenuta.
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