Unica sì, ma speciale forse non ancora. Ne è convinta la Svimez, ascoltata in audizione alla Camera dalla Commissione bilancio, dove è approdato il testo del DL 124/2023 pubblicato in Gazzetta ufficiale il 19 settembre scorso. Secondo il presidente Adriano Giannola, per chiamarla «speciale» la nuova Zes deve avere le caratteristiche per definirla tale e per questo ha bisogno di quel Piano strategico, previsto da un successivo Dpcm, che dovrà rappresentare l’ossatura della nuova realtà operativa per le imprese.
La nuova Zes ha un impatto non indifferente visto che il territorio coinvolto interessato è il 40% dell’Italia e oltre un quarto della popolazione. Numeri che suggeriscono una robusta macchina organizzativa soprattutto in relazione ad alcuni asset strategici. Mentre le «vecchie» Zes comprendevano le zone portuali, retroportuali, logistiche, in questo caso un territorio così vasto deve essere organizzato «in base a una funzione operativa che il Piano (strategico, ndr) deve individuare e di cui il ministro è responsabile». Il vertice della Svimez si è soffermato anche sulla totale assenza dell’aspetto doganale previsto nelle vecchie Zes e ha lanciato una provocazione finalizzata ad allargare la semplificazione dell’autorizzazione unica anche al Centro-Nord.
Sollecitato da alcuni parlamentari, Giannola ha sottolineato come la nuova Zes riprenda vecchie strategie, come decontribuzione e incentivi. Il rapporto tra dimensioni della Zes e risorse è «un problema» (un territorio 100 volte superiore a quello attuale) ma «se funziona questa formula deve essere attrattiva di tante risorse che non puntano solo ad avere il credito di imposta ma a realizzare sul territorio un processo di sviluppo».
Per la Svimez, la Zes unica è un segnale alla piccola e media impresa - a proposito del credito d’imposta escluso per gli investimenti sotto i 200mila euro - ma deve fare i conti con i numeri. Attualmente, il credito di imposta Sud - come emerge dalla relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio - attribuiva 2,1 miliardi di cui il 23% del beneficio acquisito dalle micro imprese. «Non disponiamo di dati sugli investimenti sulla Zes» ha precisato la Svimez parlando di una relazione dell’Agenzia per la Coesione territoriale (non ancora disponibile), ma questo pone un problema di «discrasia» tra i beneficiari attuali del credito d’imposta (la piccola impresa) e l’ambizione di coinvolgere di più la media impresa.
Per la Zes del Mezzogiorno, indubbiamente, servono risorse, e per questo l’importo iniziale di 1,5 miliardi previsto dal DL Sud potrebbe lievitare di altri 600 milioni con la conferma nella prossima legge di bilancio dei 2,1 miliardi di credito d’imposta erogato alle imprese nel 2022. Cifre cui si aggiunge una dote di un miliardo previsto dal PNRR (fino al 2026), di cui la Zes unica è entrata a far parte dopo la proposta di rimodulazione approvata da Bruxelles. La maggiore intensità dell’aiuto concesso, con un taglio minimo di 200mila euro fino a un massimo di 100 milioni di euro, non prevede distinzioni in base alle dimensioni dell’impresa, garantendo così lo sviluppo del modello italiano di pluralismo distributivo. L’importo massimo corrisponde all’importo previsto per le attuali Zes (100 milioni di euro, appunto) e comporta un incremento dei limiti massimi attualmente previsti per il credito d’imposta nel Mezzogiorno per ciascun progetto di investimento: 3 milioni di euro per le piccole imprese, 10 milioni di euro per le medie e 15 milioni di euro per le grandi.
Facendo una proiezione, con la Zes unica il credito d’imposta per le grandi imprese avrà una intensità massima del 40% per le regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e del 30% per Molise, Basilicata e Sardegna (poco più della metà per l’Abruzzo). Le intensità massime di aiuto potranno aumentare di 10 punti percentuali per le imprese di medie dimensioni e di 20 punti per le piccole imprese per investimenti iniziali con costi ammissibili fino a 50 milioni di euro. In altri termini, gli aiuti per le piccole imprese in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia passano dal 40% attuale al 60% consentito dalla Zes unica.
Intanto ieri sono stati ascoltati i 7 commissari delle 8 Zes (quello della Campania è a scavalco anche sull Calabria): gran parte di loro, pur apprezzando il nuovo strumenti, hanno però evidenziato problemi tecnici e operativi - o criticità - a partire dal 1 gennaio con un territorio vasto da gestire con regole poco chiare. Se ci sarà una operazione “a rubinetto”, con istanze dalla gelateria alla grande industria, lo sportello rischia di fare flop. Bene la regia centrale ma anche necessità di mantenere una interlocuzione territoriale. Decisamente contrario (ha parlato anche di dubbia legittimità costituzionale del decreto) il commissario della Campania e Calabria. Le audizioni proseguiranno stamattina con i governatori (o delegati) delle Regioni e alle 13 interverrà il ministro Raffaele Fitto.