Sabato 06 Settembre 2025 | 12:30

Il Decreto Sud di Fitto rilancia i fondi di coesione

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Il Decreto Sud di Fitto rilancia i fondi di coesione

Il ministro Raffaele Fitto

Nessun taglio alle Regioni, ma su tempi e progetti vigilerà il ministero. Ciriani: a giorni l’ok dell’Ue sulla revisione per la quarta rata

Giovedì 07 Settembre 2023, 07:00

BARI - La delibera con cui il Cipess ha ripartito i fondi tra le Regioni non verrà toccata, e dunque non ci saranno tagli in senso tecnico alla disponibilità finanziaria. Ma la governance dei fondi di coesione cambierà radicalmente, con un controllo più stretto da parte del ministero per gli Affari europei e il Sud guidato da Raffaele Fitto: le Regioni non saranno più padrone assolute. È questa la novità contenuta nel Decreto Sud che stamattina dovrebbe essere licenziato dal Consiglio dei ministri, dando attuazione pratica alle linee strategiche che Fitto aveva annunciato negli scorsi mesi: la SuperZes estesa a tutto il Mezzogiorno che soppianterà le attuali otto Zone economiche speciali e, appunto, la revisione dei meccanismi che regolano il Fondo di sviluppo e coesione (Fsc).

Fitto ha infatti portato avanti un monitoraggio della spesa dei fondi di coesione della precedente programmazione 2014-2020, dalla quale era emerso un livello di utilizzo molto basso (il 34% in nove anni) oltre che una enorme frammentazione e una mancanza di coerenza rispetto agli altri strumenti in mano alle Regioni. Di qui, dunque, la decisione contenuta nel decreto che vincola la materiale assegnazione dei fondi alla stipula di accordi di programma tra il ministero e le singole Regioni in cui dovranno essere specificati i progetti e illustrati i cronoprogrammi per realizzarli. Le Regioni non perderanno nulla a livello di fondi, ma non potranno continuare a gestire Fsc in piena autonomia, anche per rendere la spesa più certa e coerente con le strategie generali.

Il decreto conferma per i fondi di coesione il vincolo di destinazione dell’80% al Sud, ma trasforma Fsc (un tesoretto da 75 milioni) in uno strumento coordinato al Pnrr. Questo non significa, non necessariamente e comunque non subito, che quei soldi verranno utilizzati per «spondare» (come si dice in gergo) i progetti che la revisione disposta dallo stesso Fitto ha eliminato dal Pnrr o perché a rischio di mancato completamento o perché non coerenti con le regole europee. La decisione di usare Fsc, se ci sarà, verrà presa all’indomani dell’ok definitivo della Commissione Ue alle proposte di revisione avanzate dall’Italia: il governo ha infatti a disposizione per questo anche il Fondo complementare del Pnrr, le quote nazionali del Fsc (destinate ai ministeri) e i fondi europei ordinari.

Il segnale tecnico è dunque chiaro: le Regioni (e in particolare quelle del Sud, Puglia compresa) secondo Fitto non hanno brillato nella gestione dei fondi Fsc. E tra l’altro - secondo i monitoraggi del ministero - sono in difficoltà nell’avvio della nuova programmazione dei fondi europei, non avendo a disposizione le quote di cofinanziamento regionale che il governo ha invece appostato nella delibera Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile). La Puglia (che per il 2021-2027 ha ottenuto 4,6 miliardi) secondo Fitto nella scorsa programmazione ha speso soltanto il 90% della quota europea del fondo di coesione che vale il 50% (il restante 50% è ripartito tra risorse statali e regionali), anche se i numeri diverranno definitivi solo tra alcuni mesi. Evidente anche il segnale politico, contestato finora soltanto da Puglia e Campania: i fondi Fsc sono nella titolarità del ministero, che intende esercitare appieno i suoi poteri di vigilanza e coordinamento anche per evitare che i progetti si trascinino, di anno in anno, da un programma all’altro. Chi non rispetta i tempi rischia il definanziamento, meccanismo supportato da un fondo di rotazione alimentato dalle assegnazioni di bilancio che permetterà in ogni momento al ministero di dirottare le risorse su altri interventi «la cui realizzazione presenti carattere di urgenza». La palla passa dunque alle Regioni, che dovranno presentare i dossier su cui definire l’«accordo di coesione» con il ministero, specificando ambiti, elenco e cronoprogramma dei progetti da realizzare.

L’altro punto nodale del decreto è la creazione a partire dal 1° gennaio 2024 della Zes unica estesa a tutto il Mezzogiorno. L’iniziativa ha raccolto il plauso delle organizzazioni imprenditoriali perché estende all’intero Sud le possibilità finora riservate a otto spicchi di territorio e conferma il credito di imposta per un triennio (con l’esclusione di energia e trasporti). Una idea su cui Fitto ha incassato anche il via libera del commissario europeo alla concorrenza Margrethe Vestager e della Commissione, e che comporterà il cambio in corsa della governance: non più otto commissari locali ma una struttura centralizzata, che opererà attraverso uno sportello unico digitale gestito direttamente da Palazzo Chigi.

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