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«Ecco come mitigare il rischio alluvioni in Puglia»

 
Redazione Primo Piano

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«Ecco come mitigare il rischio alluvioni in Puglia»

Mossa ricorda la «lezione» dei disastri di Bari

Giovedì 18 Maggio 2023, 12:55

BARI - Michele Mossa, docente ordinario di Idraulica al Politecnico di Bari, è tra i massimi esperti italiani di idraulica marittima, fluviale e ambientale.

Professore, cosa sta succedendo?

«L’analisi dei dati di pioggia oraria finora disponibili dai pluviometri della rete fiduciaria del Dipartimento di Protezione civile ha evidenziato picchi di pioggia fino a 200 mm nelle ultime 24 ore, le cui massime intensità sono state rilevate nella fascia tra Monghidoro, Civitella di Romagna e Castrocaro Terme. L’indice di rarità degli eventi pluviometrici elaborato dal Cnr-Irpi sulla base dei dati di pioggia degli ultimi 20 anni, pone quest’ultimo evento dell’Emilia-Romagna tra quelli classificabili come “eventi estremi”. Anche se con fenomeni di minore entità, ma localmente intensi, tale evento si estende fino alle Marche, testimoniando il suo carattere di eccezionalità anche dal punto di vista della sua estensione spaziale. Questo evento estremo segue quello registrato appena due settimane fa nella stessa area dell’Emilia-Romagna, già responsabile di frane nelle zone collinari e montane e di estese esondazioni e rotture d’argine lungo i principali fiumi dell’area. In questi territori, caratterizzati da un’elevata predisposizione al dissesto per la loro conformazione geologica e geomorfologica, le piogge attuali sono in grado di generare fenomeni franosi diffusi. Tra l’altro le piogge delle scorse settimane hanno già saturato il terreno e, dunque, le piogge recenti, estremamente intense e diffuse, intensificano ulteriormente i rischi di innesco di altre frane».

Sono rare queste piogge?

«Il CNR-IRPI ha stimato l’indice di rarità per le piogge delle 24 ore antecedenti le 7 del 17 maggio 2023. Valori dal 95 al 99%, su una scala da 0 a 100 di rarità, sono stati registrati lungo i versanti nordorientali della fascia appennina tra l’Emilia-Romagna e le Marche».

Ci sono anomalie rispetto agli anni precedenti?

«Nel Rapporto IdroMeteoClima Emilia-Romagna del 2021, che riporta dati ed elaborazioni soprattutto dell’ARPAE Emilia-Romagna, veniva rilevato che il 2021 era stato prevalentemente un anno siccitoso. Dopo un gennaio più piovoso della norma, le precipitazioni erano state scarse a febbraio, ed esigue a marzo (secondo marzo meno piovoso dal 1961), per poi tornare simili o poco inferiori al clima 1991-2020 nei due mesi successivi. La siccità si era intensificata nell’estate, e giugno era risultato tra i sei mesi di giugno meno piovosi dal 1961. Insomma, stiamo assistendo ad eventi siccitosi che si alternano a eventi estremi».

La Puglia potrebbe rischiare di finire in ginocchio come l’Emilia-Romagna?

«L’ISPRA ha elaborato cinque indicatori nazionali di rischio per frane e alluvioni relativi a popolazione, famiglie, edifici, imprese e beni culturali con l’obiettivo di fornire un importante strumento conoscitivo a supporto delle politiche nazionali di mitigazione. La popolazione a rischio alluvioni nello scenario di pericolosità idraulica media ammonta a 6.818.375 abitanti (11,5%). Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia e Liguria. Le famiglie a rischio alluvioni sono 2.901.616. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree allagabili nello scenario medio sono 1.549.759 (10,7%). Detto ciò, nessuna zona può dirsi totalmente al sicuro. Tra l’altro abbiamo testimonianze storiche anche a Bari».

A cosa si riferisce?

«L’alluvione del 1951 in Polesine ebbe una grande risonanza. Consiglio la lettura del libro di Sorcinelli e Tchaprassian L’alluvione - Il Polesine e l’Italia nel 1951, UTET. Centomila ettari di terra allagati, duecentomila persone in fuga, settecento case distrutte, migliaia di animali annegati e un numero imprecisato di vittime. Un bilancio che sconvolse l’Italia e che emozionò l’opinione pubblica di tutto il mondo. Tra l’altro nel testo si richiama esplicitamente un articolo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 1° novembre 1951 (A. Ramadoro, Le alluvioni e le montagne). Per rimanere in Puglia, la città di Bari più volte è stata soggetta a gravi fenomeni alluvionali, come dimostrano alcune targhe del quartiere murattiano, che si riferiscono alle alluvioni del 1905, 1915 e 1926. Sono disponibili anche alcuni dati storici delle alluvioni precedenti (M. Mossa, Le alluvioni di Bari: ciò che la storia avrebbe dovuto insegnare, Mario Adda Editore, 2021). Ancora una volta la Gazzetta del Mezzogiorno, allora Gazzetta di Puglia e Corriere delle Puglie, era in prima fila nella narrazione dei fatti e rappresenta una delle fonti storiche di quelle alluvioni, in seguito alle quali si realizzò il cosiddetto canalone, ossia il canale deviatore Lamasinata, che devia le acque verso la cosiddetta lama Lamasinata, il cui tratto finale è in prossimità della cosiddetta spiaggia del Canalone, evitando che le onde di piena raggiungano il quartiere murattiano».

Ma cosa possiamo fare?

«Indubbiamente è necessario avere contezza di questi eventi estremi, che si verificano anche per altri fenomeni, per esempio le mareggiate. Sono ormai numerosi gli studi a livello internazionale che indicano un aumento della frequenza degli eventi estremi, vero i quali, dunque, è necessario porre un’attenzione maggiore e delle misure di attenuazione del rischio. Per esempio, con una pianificazione sempre più attenta delle città e delle zone costruite, una corretta progettazione idraulica, che scaturisca da dettagliati studi del rischio idrogeologico. Pensi che nell’Ottocento l’espansione edilizia e le linee ferroviarie mutarono l’aspetto della città di Bari, senza, tuttavia, che venisse posta attenzione agli aspetti idraulici. Le opere realizzate dopo l’alluvione del 1915, purtroppo, si rivelarono non sufficienti a proteggere la città, che, infatti, subì ulteriori danni con le alluvioni successive. Le cronache dell’epoca rimarcarono l’attenzione sul fatto che certamente la colpa era delle autorità del tempo, soprattutto degli uffici tecnici competenti, auspicando, altresì, che potessero aver inizio dei lavori che proteggessero la città dall’inondazione. Ma, allora, un altro capitolo deplorevole dell’urbanizzazione di Bari era il Torrente Valenzano, che aveva nel suo corso tre ostruzioni dovute alla ferrovia Bari-Locorotondo, ossia una in prossimità di Adelfia, l’altra in prossimità di Valenzano e la terza in prossimità di Carbonara. L’ente delle ferrovie Bari-Locorotondo anziché, come avrebbe dovuto, costruire un ponte per superare l’alveo del Torrente Valenzano, realizzò un terrapieno, ostruendo il libero deflusso delle acque. Si può obiettare che gli strumenti disponibili a quei tempi per la valutazione del rischio idrogeologico non fossero quelli attuali. Ma talvolta questi errori si ripetono. Basti pensare all’ultimo fenomeno alluvionale di Bari e provincia del 2005, quando fra Acquaviva delle Fonti e Sannicandro di Bari deragliò il treno Eurostar Taranto-Milano che trasportava 60 persone, causando 22 feriti (ma poteva andare molto peggio). È solo un esempio, sia chiaro, ma sono davvero numerosi gli esempi di cattiva pianificazione e di mancato controllo del territorio che si possono fare. Insomma, fermo restando le condizioni estreme di alcuni eventi, si può fare molto per mitigare il rischio, per esempio progettando a regola d’arte e avendo rispetto per l’ambiente e il territorio. Ancora una volta, purtroppo, sotto una costante pressione meteo-climatica, il nostro territorio ci dimostra la sua fragilità, riportando l’attenzione alle gravi problematiche connesse al dissesto idrogeologico».

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