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«Il tesoro del gruppo Fusillo dissipato per colpa della banca»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

«Il tesoro del gruppo Fusillo dissipato per colpa della banca»

Dopo il crac della Maiora: i curatori chiedono 50 milioni di danni alla Popolare di Bari e agli imprenditori. «Dovevano fallire nel 2015»

Lunedì 20 Febbraio 2023, 13:06

BARI - La Maiora è stata il principale cliente della Banca Popolare di Bari, almeno fino al fallimento del 2019 e al conseguente commissariamento dell’istituto di credito barese. Ma la società che fa capo agli imprenditori Fusillo e Curci sarebbe dovuta già fallire nel 2015: a tenerla in vita sarebbero state da un lato le mancate svalutazioni nei bilanci di esercizio, dall’altro i munifici finanziamenti concessi dai vertici della banca. Il risultato sarebbe stato un danno per i creditori da 50 milioni di euro, per il quale i curatori fallimentari Francesco Campobasso ed Eugenio Mangone hanno avviato una azione di responsabilità nei confronti di ex vertici e revisori della Maiora, ma anche della stessa Popolare.

Le società del gruppo Fusillo sono fallite con 430 milioni di debiti, ma con un considerevole patrimonio immobiliare che è stato oggetto di azioni revocatorie quasi tutte concluse positivamente. A novembre anche la curatela di Fimco, l’altra società dei Fusillo, ha avviato un’azione da 82 milioni di euro nei confronti della Bpb. La Maiora (con gli avvocati Giuseppe Trisorio Liuzzi e Vito Lorenzo Augusto Dell’Erba) è andata oltre, ritenendo che la responsabilità del «crac» vada condivisa anche con gli amministratori. Gli stessi che nel 2013, per tentare il salvataggio dell’immobiliare, misero in piedi un’operazione di finanziamento da 25 milioni con la società maltese Futura Funds: un’emissione obbligazionaria che si è poi trasformata nell’anticamera del baratro.

Maiora, nata nel 2012 dalla scissione parziale delle società di Fusillo e Curci, aveva in pancia un enorme patrimonio immobiliare: l’ex hotel Ambasciatori di Bari e una serie di proprietà nel quartiere Umbertino, per esempio, ma anche il polo logistico di Rutigliano, l’Hotel dei Borgia e una sede dell’Agenzia delle Entrate di Roma. Secondo la curatela, nei bilanci sarebbe stato rappresentato un valore degli immobili «al costo di acquisto o di realizzazione, senza considerare la perdita durevole del loro valore, né l’andamento del mercato». Anche perché già ad aprile 2015 una perizia della Deloitte aveva attestato che Maiora e le sue controllate avevano un patrimonio netto negativo. E dunque avrebbero dovuto essere liquidate. Invece Popolare - come emerge anche dagli atti dell’indagine della Procura di Bari, avrebbe continuato a finanziare il gruppo Fusillo, e in particolare Maiora, arrivando a una esposizione copmplessiva di 140 milioni.

Tra le sopravvalutazioni di bilancio i curatori di Maiora annotano le azioni di Popolare Vicenza, acquistate nel 2013 a 3 milioni di euro. Nel bilancio 2015 le azioni della banca veneta (una fotocopia del caso Bpb) erano state svalutate di 696mila euro. Tuttavia, secondo i curatori, a quell’epoca il valore era già sceso ai 6,3 euro del recesso. L’atto di citazione fa anche cenno all’operazione «Masseria del Monte», la presunta svendita per 500mila euro di un suolo di 41 ettari a Conversano che in realtà varrebbe quattro milioni e mezzo, e che è al centro di una distinta indagine per bancarotta fraudolenta: il suolo era in carico alla Maiora per 6,5 milioni di euro, nonostante al momento della costituzione della società fosse stato valutato per 1,6 milioni.

In questo contesto si innesterebbero le presunte responsabilità della Popolare di Bari, le stesse ipotizzate in sede penale dal procuratore Roberto Rossi, per aver mantenuto «artificiosamente in vita l’intero gruppo Fusillo». Sono le stesse risultanze della ispezioni della Banca d’Italia, che aveva quantificato in 100 milioni di euro i finanziamenti senza garanzie concessi alla Maiora fino a fine 2018, parlando di «ripetuti interventi creditizi non sempre sufficientemente vagliati né (...) esaustivamente rappresentati al Consiglio». A sua volta, in quattro anni, la banca aveva ottenuto dalla società quasi 25 milioni di euro a titolo di interessi.

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