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LA CERIMONIA
Gaetano Campione
03 Aprile 2019
Una giornata della memoria dei caduti dell’intelligence. Per non dimenticare quanti hanno servito l’Italia con senso del dovere, lealtà e spirito di sacrificio. L’iniziativa è del presidente del Consiglio dei ministri e si è svolta a Forte Braschi, davanti alle lapidi che ricordano il sacrificio di Vincenzo Li Causi, Nicola Calipari, Lorenzo D’Auria e Pietro Antonio Colazzo. Quest’ultimo, salentino, di Galatina, era un funzionario dell’Aise, l’Agenzia di informazioni e sicurezza esterna, ed è morto in Afghanistan nel 2010, durante un attacco dei talebani all’hotel di Kabul dove soggiornava.
Colazzo, 47 anni, conosceva benissimo il dari, un idioma persiano molto diffuso nel paese asiatico e supportava il lavoro prezioso e delicato degli 007 sul campo, mantenendo i contatti con i punti di riferimento sul territorio. Nonostante fosse rimasto ferito dall’esplosione di una bomba, il funzionario dell’Aise riuscì a chiamare al telefono il comandante della polizia afghana e l’ambasciata italiana, coordinando l’evacuazione di altri italiani, prima di essere colpito da tre proiettili, quello mortale alla schiena.
Uomo “cordiale, discreto, intelligente e soprattutto umanissimo”. Così lo ricordano i colleghi.
Alla giornata della memoria c’erano anche la moglie, i due figli e alcuni familiari di Colazzo.
Nel suo messaggio il presidente del Consiglio ha tra l’altro ricordato come la testimonianza dei quattro caduti dell’intelligence “è espressione di un bagaglio di ideali e di valori, che merita assolutamente di consolidarsi quale parte essenziale della nostra memoria collettiva, ed il cui intimo significato deve servire a sensibilizzare sempre più l’opinione pubblica su cosa effettivamente è la nostra
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