Sabato 06 Settembre 2025 | 16:31

«Necessario separare le carriere». Palumbo: l’equilibrio costituzionale è saltato, ma occhio alle nomine per estrazione

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

«Necessario separare le carriere». Palumbo: l’equilibrio costituzionale è saltato, ma occhio alle nomine per estrazione

Il penalista: «Va ridotta la discrezionalità degli organi di autogoverno, vengono snobbate perfino le decisioni del Consiglio di Stato»

Venerdì 17 Gennaio 2025, 12:02

BARI - «Non si tratta di mortificare un potere dello Stato per accrescere il valore degli altri poteri. Si tratta di ristabilire un equilibrio costituzionale che, per tante ragioni, è venuto meno».

Così l’avvocato penalista Filiberto Palumbo, già componente laico del Csm, spiega perché è «giunto il tempo di procedere alla separazione delle carriere. Noi penalisti, da sempre, auspichiamo questa riforma che si pone nella necessità del rispetto di principi costituzionali che, sinora, sono restati privi di un effettivo contenuto».

Separazione delle carriere non come obiettivo, dunque, ma come strumento per «assicurare la parità delle parti processuali nell’ambito di ciascun processo, civile, penale e amministrativo». Difficile - è il ragionamento di Palumbo, nato ad Andria, candidato sindaco per il centrodestra alle ultime amministrative di Trani -rendere concreta la terzietà del giudice e la sua imparzialità sino a quando «i magistrati inquirenti e quelli giudicanti fossero restati inquadrati nella medesima carriera professionale». Ben venga dunque la riforma «anche se è del tutto prevedibile che questa manifesterà i suoi effetti solo dopo molti anni di rodaggio. Ma se non si parte, si rimane nel medesimo stato di complessiva irragionevolezza del sistema processuale».

Palumbo, ex presidente della Camera penale di Bari, nonché componente della Commissione Nordio incaricata della riforma del codice penale, sul fronte Csm, concorda anche sulla istituzione dell’Alta Corte chiamata a valutare la responsabilità disciplinare dei magistrati, funzione che verrebbe sottratta ai due Csm (uno per i giudici, l’altro per i pm). Una soluzione «adeguata alle necessità, più volte evidenziate, di necessaria diversità tra chi gestisce l’organizzazione della magistratura e chi decide sul piano disciplinare. Chi si è già occupato di valutare la professionalità dei magistrati, la loro carriera, la loro l’indipendenza, la loro incompatibilità ambientale, non può valutare anche gli eventuali illeciti loro contestati, quelli che attengono più da vicino al corretto esercizio della loro attività giurisdizionale», è la tesi. Dunque, «Ben venga l’individuazione di un organo terzo, al quale attribuire definitivamente il compito di valutare il rispetto delle regole disciplinari».

Quanto al rapporto di forza tra componenti togati e laici, secondo Palumbo anzitutto questi ultimi «assicurano un ruolo di equilibrio e di garanzia all’interno di quell’organo collegiale». Tra i nervi scoperti, le correnti della magistratura. «I magistrati, così come è naturale che accada, si sono organizzati in gruppi, che si distinguono tra loro per diversità di “sensibilità culturale”. Questi gruppi rispecchiano le varie ideologie politiche e tale assetto finisce inesorabilmente per condizionare la magistratura, laddove quest’ultima deve conservare la sua indipendenza da ogni altro potere. Non si può negare che anche i componenti laici risentono della loro vicinanza al potere politico che li ha scelti. Data la loro posizione minoritaria all’interno del Consiglio, non potendo effettuare scelte autonome, sono costretti ad avvalorare scelte, operate da altri, dai componenti togati che hanno la maggioranza in seno al Consiglio e che sono espressione di sensibilità diverse».

L’avvocato Palumbo, dunque, condivide l’impianto della riforma fatta eccezione per il criterio del sorteggio: «Non credo che procedere al sorteggio dei consiglieri, tanto dei togati quanto dei laici, sia una buona idea. Non elimina, infatti, il problema cui si vuole porre rimedio; d’altra parte, il sorteggio non assicura la scelta migliore, laddove il lavoro all’interno del Consiglio impone la massima qualità professionale dei suoi componenti. Inoltre, mi sembra assai complicato individuare un catalogo di candidati che siano tutti ugualmente capaci di assicurare la massima capacità professionale».

Insomma, «No, non mi piace il sorteggio; non lo trovo conforme ai principi costituzionali che attualmente regolano la materia, prescrivendo che i componenti del Csm vengano “eletti” e non sorteggiati». Ma il nodo da sciogliere è un altro: «L’unica soluzione per assicurare il miglior funzionamento dell’organo di autogoverno della magistratura resta quella di ridurre la sua discrezionalità» che «regna sovrana e in maniera incontrastata all’interno del Consiglio» e che «oggi consente al Csm persino di non rispettare le decisioni rese dal Consiglio di Stato in sede di contenzioso amministrativo».

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