«Il cyberspazio è la nuova frontiera della lotta al terrorismo»: Stefano Dambruoso, magistrato barese antiterrorismo, ora in servizio a Bologna, domani riceverà il prestigioso premio «Vigna d’argento» nella Sala della Promoteca del Campidoglio a Roma. L’iniziativa è promossa dall’associazione salentina «Città della Musica», presieduta da Pino Lagalle. Con la Gazzetta si è soffermato sui rischi-terrorismo connessi ai due conflitti in corso tra Medio Oriente e Est Europa.
Dottor Dambruoso i fuochi di guerra Gaza e nel cuore d’Europa possono alimentare nuovi radicalismi in italia in grado di sfociare in nuove forme terrorismo?
«È stato riscontrato dai migliori analisti che purtroppo inneschi per iniziative terroristiche in Europa e in italia nascono da queste guerra, contesti profondamente legati alla religione, come nel caso del conflitto israelo-palestinese».
Le ribollenti piazze arabe e non solo filo-palestinesi possono avere riverberi islamisti nel nostro continente, come dopo le operazioni anti Isis in Siria?
«Possono richiamare iniziative di singoli lupi solitari, assolutamente europei, che radicalizzati nelle nostre città, passino all’azione trovando nelle invettive di carattere religioso sostenute da jihādisti vicini ad Hamas, una ragione per passare all’azione in Ue, contro sedi o luoghi che rappresentano gli interessi israeliani o contro Paesi che sostengono Tel Aviv in questa fase politica internazionale».
L’Italia ha anticorpi possenti contro il terrore: in primis l’intelligence che monitora ora anche con attenzione il cyberspazio.
«Da lì si può minare la sicurezza dei grandi paesi, con operazioni che possono colpire spazi fondamentali».
A cosa si riferisce?
«Sul cyber si sta investendo moltissimo per tutelare non solo i profili economici degli Stati ma anche tutto quanto è connesso ai segreti industriali e alla sicurezza».
Come e dove si forma la classe dirigente anti terrorismo italiana?
«La selezione avviene fra persone preparate a operare nel settore, anche della sicurezza cybernetica, grazie a competenze acquisite nelle università. Per l’ambito cyber, sono essenziali anche le conoscenze del mondo informatico».
I movimenti estremisti pro Palestina nell’autunno possono saldarsi con il radicalismo anarchico e delle frange più estreme della sinistra?
«Non ci sono evidenze in questo senso, ma trattandosi prevalentemente di giovanissimi che trovano anche in ragione del momento occasione per associarsi, ogni occasione può essere buona per sommare imprevedibilmente volontà di dissenso e protesta. Gli scenari».
La Puglia si può considerare in questa fase terra di confine “rovente”?
«Se si intende terra di approdo e passaggio di personalità radicalizzate o di criminali internazionali impegnati su droga e armi, rispondo di sì. Evidenzio che magistratura e servizi operano quotidianamente in Puglia garantendo piena sicurezza: non a caso il G7 pugliese di giugno e’ stato un indiscusso successo internazionale senza alcun tipo di problema di sicurezza».
In che ambito potrebbe essere utile maggiore impegno?
«Oggi il contrasto al terrorismo resta un settore non sottovalutato e valorizzato nella giusta dimensione. Non c’è l’allarmismo dei tempi di Isis e Al Qaida, ma una maturata esperienza messa a disposizione del Paese da parte degli apparati».
Ha curato nel Commentario penale per Utet la sezione con le norme antiterrorismo. Ha un libro in cantiere?
«Dedicherò come sempre i prossimi mesi ad approfondire i temi della sicurezza nazionale e internazionale. Un nuovo saggio? È un’idea che non escludo».