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Finanziamento illecito durante le primarie: Emiliano in tribunale a Torino, l'accusa chiede un anno

 
Redazione online

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michele emiliano

foto d'archivio

Il processo riguarda anche l' ex capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, ora parlamentare del Pd, e gli imprenditori Giacomo Mescia e Vito Ladisa

Venerdì 31 Marzo 2023, 13:35

«Forse in passato quando la sentivo pronunciare da altri commettevo l’errore di considerarla una frase fatta: ora dico che confido nella giustizia. Ho 63 anni e ho sempre cercato di comportarmi bene, sia nelle cose importanti che in quelle meno importanti». Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha chiuso così oggi la dichiarazione spontanea, che ha reso in tribunale a Torino nel corso del processo in cui è chiamato in causa per finanziamento illecito.

La vicenda è legata alla campagna per le primarie del Pd del 2017. Il processo, oltre a Emiliano, riguarda il suo ex capo di gabinetto Claudio Stefanazzi, ora parlamentare del Pd, e gli imprenditori Giacomo Mescia e Vito Ladisa.

Al vaglio del tribunale vi sono le somme versate dai due imprenditori alla Eggers di Pietro Dotti, la società del Torinese che si era occupata della campagna elettorale di Emiliano. Per l’accusa si trattò di un finanziamento occulto. «Mi sono candidato molte volte - ha detto Emiliano - e ho sempre seguito una regola: a occuparsi della raccolta dei finanziamenti doveva essere l’associazione Piazze d’Italia, che era molto attenta a scegliere gli interlocutori. Per questo non ho mai incontrato nessuno e negoziato alcunché. C'era anche un limite nell’ammontare del finanziamento, una specie di codice etico sovrapposto alle previsioni della legge. La separazione fra l’indirizzo politico della campagna e i profili amministrativi fu netta anche in occasione delle primarie».

Emiliano ha ricordato che era scontento del lavoro svolto da Dotti «perché, senza dirci nulla, aveva riciclato lo stesso formato campagna elettorale della Serracchiani» in Friuli Venezia Giulia. Quando l’imprenditore cominciò a sollecitare il pagamento della prestazione, arrivando a chiedere un decreto ingiuntivo, Emiliano discusse la situazione con i collaboratori: "Per me era importante non passare per uno che non paga, tanto più che la questione era finita sui giornali. Con Dotti non parlai: non avevo tempo e non volevo dirgli cosa ne pensavo. Ero talmente seccato che dissi ai collaboratori di sistemare la cosa: 'se avete i soldi pagate, sennò ve li do iò. Loro risposero 'non preoccuparti, ce ne occupiamo noì. Non sentii più parlare della questione fino a quando ricevetti un messaggio da Dotti: 'Sistemato tuttò. Risposi solo 'va benè, sempre senza aggiungere quel che ne pensavo».

«Il mio timore - ha aggiunto Emiliano - è che di fronte a certi passaggi non chiari neppure a me possano sorgere dei dubbi. Ma sono eventi non ascrivibili a una mia responsabilità». «Mi spiace - ha concluso rivolgendosi al tribunale - avere impegnato tanti anni il sistema giudiziario, i magistrati di Bari e di Torino. L’unica consolazione che posso offrirvi è che ho sofferto quanto voi».

L'ACCUSA

La condanna a un anno di reclusione e a 90mila di multa è stata chiesta dalla pubblica accusa per Michele Emiliano, governatore della Puglia, processato a Torino per finanziamento illecito. Il pm Giovanni Caspani ha proposto la stessa pena per il suo ex capo di gabinetto Claudio Stefanazzi (ora parlamentare Pd) e otto mesi per gli imprenditori Vito Ladisa e Giacomo Mescia.

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