Ad accoglierci al telefono è la voce di un papà entusiasta e sereno, che, nonostante un viaggio lunghissimo e numerosi passaggi burocratici cui dover assolvere, per portare a casa i propri bambini, è finalmente giunto a destinazione. La famiglia Quinto, infatti, dal 25 febbraio a Lima, dopo circa 70 giorni di attesa è riuscita a rientrare ieri mattina in Italia, grazie a un coordinamento contestuale di energie e azioni, per realizzare il dono di ri-nascita di una coppia di bambini peruviani. «Non è stato facile – ci ha detto il sig. Quinto - vivevamo con l’ansia di non poter ritornare a breve, perché gli spazi aeroportuali erano chiusi, a causa della emergenza mondiale. Siamo infinitamente grati per quanto è stato fatto dall’Ambasciata Italiana, dal GVS e dal Centro di Adozioni internazionali. È stata dura perché siamo partiti da un aeroporto militare, insieme ad altre persone, e abbiamo affrontato una infinita traversata. Siamo usciti dall’appartamento alle 6 del mattino (del 1 maggio, ndr) e dopo tutti i controlli, rigorosissimi della temperatura corporea, della documentazione singola e dei passaporti, alle 13 circa ci siamo imbarcati alla volta di Roma. La nostra incertezza dipendeva anche dal non poter avere i passaporti ufficiali dei bambini perché, pur avendo concluso positivamente l’iter adottivo, gli uffici preposti erano chiusi e non in grado di consegnarci le rispettive attestazioni; solo grazie a documenti ad hoc stilati dall’Ambasciata, dal Cai Roma e dal Dga (Dirección General de Adopciones) peruviana, abbiamo potuto portare con noi, i piccoli».
Come stanno i bambini?
«In aereo non hanno riposato, lo hanno fatto solo stamattina mentre eravamo sulla via del ritorno e ora sono già attivi, pieni di allegria e vivacità, incuriositi di poter conoscere il loro nuovo modo di vivere, il cibo e tutte le cose che insieme potremo fare».
Come avete vissuto i giorni di Lima?
«Sicuramente non in spensieratezza, anche su quel territorio prima di giungere nella capitale, ci siamo spostati con non poche criticità, pensi che abbiamo fatto fino a 10 ore di macchina sulle Ande, per arrivarci, perché prima eravamo allocati in un’altra zona. E poi i controlli, molto severi e serrati; insieme al gruppo di turisti e a coloro che vi si muovevano per ragioni disparate, molti dei quali non italiani, abbiamo tribolato. Non abbiamo goduto delle bellezze della terra, perché il periodo era restrittivo, ma è un posto da visitare e sul nostro cammino abbiamo incrociato operatori e persone di profonda umanità. Dalla referente del Gsv in Perù che non ci ha mai abbandonati e fino a un agente di Polizia in dogana, che ci ha accompagnati in tutte le tappe, guidati e agevolati nel compilare le autocertificazioni».
Vi aspetta una vita di gioia, che vi auguriamo sentitamente.
«Ci siamo messi in quarantena, come indicato da decreto, con la famiglia che ci sostiene e ci aiuta, e ciò ci è di grande conforto. Ora si può dare inizio alla nostra nuova vita».
















