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Potenza, una chef per i fuorisede nella mensa al Campus

 
Luigia Ierace

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Luigia Ierace

Potenza. Una chef per i fuori sede nella mensa al Campus

Ogni giorno cucina per chi è rimasto nella Casa dello studente

Mercoledì 08 Aprile 2020, 12:23

Una cucina immensa, come immensa è la sala. Ogni giorno nel Campus di Macchia Romana dell’Università della Basilicata si preparavano circa 800 pasti. Ora un silenzio surreale l’avvolge. Un silenzio nel quale solo ora si percepiscono i suoni della natura che si riappropria dei suoi spazi con la volpe che si aggira nelle aiuole o i falchi che volano sempre più bassi.
Sette giorni su sette. Ogni giorno scandito dagli stessi ritmi. La giornata comincia presto: l’arrivo delle derrate, la cucina, l’impiattamento e il trasporto. Eppure dietro l’apparente ripetersi degli stessi gesti ogni giorno è diverso, perché dal piatto si deve capire che è lunedì, venerdì o domenica. E chi riceve quel pasto deve sentirsi «più coccolato», perché c’è chi si preoccupa di lui o di lei e riesce a farli sentire a casa, attraverso i sapori lucani, anche se casa e famiglia sono in Turchia o in Campania, Puglia, Calabria, insomma fuori Basilicata.

È una magia che prova a ripetere ogni giorno Tiziana Lopardo, Chef, o come orgogliosamente ripete lei. «Sono la cuoca». E da 22 anni lavora con la Cascina Global Service che si occupa della mensa dell’Università della Basilicata. Poi è arrivato il coronavirus e con l’ateneo lucano anche la mensa ha chiuso e i cuochi hanno appeso il grembiule al chiodo. È durato una settimana. Prima di chiudere, un gesto di solidarietà con il dono all’Associazione Io Potentino delle derrate alimentari rimaste in dispensa. Poi un’altra necessità: nella Casa dello Studente erano rimasti una quindicina di universitari fuorisede bloccati dalle misure restrittive. Con la mensa chiusa sarebbero rimasti senza i pasti caldi in mancanza di un locale cucina nella residenza universitaria. Solo panini o cibi freddi. La disponibilità della Cascina Global Service e dell’Ardsu, invece, hanno permesso che gli fosse garantito almeno il pasto principale. E così la mensa ha riaperto per loro grazie alla disponibilità della cuoca.

«I fornelli sono la mia vita. Ho accettato subito. Anche se lavoro tutti i giorni senza tregua e le misure di sicurezza sono ancora più stringenti. Ma sono contenta, e faccio di tutto per coccolare con il cibo questi ragazzi alle prese con un problema così grande e lontani dai loro affetti».

Piccoli accorgimenti in più che non si riesce a garantire quando si hanno 800 persone da servire. «Ora mi occupo di tutta la filiera: dalle derrate da ordinare e che mi consegnano due volte la settimana, alla cucina, all’impiattamento e infine al trasporto e alla consegna in contenitori adeguati. Organizzo il menù settimanale in funzione dei prodotti disponibili. Un calendario che rispetta i giorni e il periodo, il venerdì non si mangia carne, come mi hanno chiesto. Ma il cibo deve capire che è domenica».
È un piccolo mondo quello rimasto nella casa dello studente. Ci sono cattolici e musulmani, ma ci sono anche celiaci.

«Nessuno deve sentirsi diverso. Cerco di abbattere ogni barriera. Come un sabato, quando sono riuscita a sorprenderli con la pizza impastata da me, ma potevano mangiarla tutti, perché senza glutine. Ognuno va rispettato - spiega - e cerco di fare in modo che non esistano diversità intorno alla tavola, ma massimo rispetto per tutti. Scelgo cosa proporre e a volte - spiega la chef - riesco anche ad accontentarli e fare in modo che gli rimanga sempre qualcosa anche per la cena. Le cotolette non mancano mai. Piacciono tanto ai giovani, ma cerco di non friggerle e di cuocerle in forno. È anche una cucina sana, quella che proponiamo con prodotti tutti biologici e lucani».

Dai cannelloni con la besciamella, alla pasta al forno, ai piatti più elaborati come il risotto con zucca e pesce, la millefoglie di maiale, provola affumicata e bietola, fino alle verdure e ai legumi. Vogliono le lenticchie, il sapore delle cose semplici, ma anche i fagioli, dai borlotti ai cannellini, i sapori dei casa.

E la loro «cuoca personale» cerca di accontentarli in quello che ora è il suo «piccolo ristorante». «Sono un po’ la mia famiglia allargata», ripete, mentre già sta pensando al menù di Pasqua. «Il classico: crespelle con ricotta e spinaci, agnello con le patate e preparerò la pastiera».

Comunicano con lei attraverso un gruppo whatsapp. «Così posso raccogliere i loro piccoli desideri. Sono contenti quando gli preparo la parmigiana e anche i loro genitori sono attenti e tranquilli. “Mi ha chiamato mio padre per sapere cosa ho mangiato”. È un modo per capire se sono soddisfatti, ma posso anche aiutarli se hanno bisogno di qualcosa. Hanno imparato a conoscermi, prima quando la mensa era piena non si aveva il tempo di andare oltre un sorriso o una battuta. E la soddisfazione più grande alla consegna è quando ti dicono che gli è piaciuto».

Il pranzo è pronto, è il momento di chiudere i contenitori e portarli all’esterno della Casa dello studente. Poi anche la cuoca Tiziana a casa con il suo pasto impacchettato. «La mensa così vuota mette tristezza, il suo silenzio surreale è pazzesco. Poi vedi la volpe nelle aiuole, il richiamo dei due piccoli falchi che volano sempre più bassi, il canto degli uccelli, siamo vicini al bosco». È tempo di tornare con le sue orecchiette con i broccoli, la mollica di pane e il peperone crusco. «Domani mi diranno se gli è piaciuto».

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