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Se l’universo resiste in un vocabolario

 
Rosario Coluccia

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Rosario Coluccia

Se l’universo resiste in un vocabolario

I dizionari italiani vantano una tradizione plurisecolare che ha il suo fondamento illustre nell’attività lessicografica dell’Accademia della Crusca, fondata a Firenze nel 1583

Venerdì 10 Maggio 2024, 05:56

I dizionari italiani vantano una tradizione plurisecolare che ha il suo fondamento illustre nell’attività lessicografica dell’Accademia della Crusca, fondata a Firenze nel 1583. Obiettivo primario di quel gruppo di intellettuali, che sapevano unire lungimiranti iniziative culturali a piacevoli serate di bisboccia condite da esibizioni poetiche (gli «stravizzi» e le «cicalate»), fu la compilazione di un vero e organico dizionario della nostra lingua. Quell’opera collettiva fu realizzata da un gruppo composito, non tutti erano specialisti forniti di specifiche competenze linguistiche. Ma «il lavoro fu condotto con una coerenza metodologica e un rigore che andavano al di là di tutti i precedenti» (sono parole di Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia, che alla storia del vocabolari italiani ha dedicato un libro molto informato e puntualissimo).

Fin dagli inizi, con la sua attività lessicografica l’Accademia si assumeva lo scopo fondamentale di separare il fior di farina (la buona lingua) dalla crusca, dando quindi un significato preciso alla propria denominazione. Il frullone, lo strumento che si adoperava per separare il fior di farina dalla crusca, simboleggiava questa scelta, ricordata anche dal motto adottato, il verso del Petrarca «il più bel fior ne coglie». Tutti gli oggetti e la mobilia dell’Accademia ebbero nomi attinenti al grano, alla crusca, al pane, compresi gli stemmi personali degli accademici, le pale di legno in cui è dipinta un’immagine accompagnata dal nome accademico e dal motto scelto. Se ne sono conservate 152, realizzate dalla fondazione fino alla metà del secolo XVIII, che si si possono ammirare nella cosiddetta «Sala delle pale» (anche al sito www.accademiadellacrusca.it/it/contenuti/la-sala-delle-pale/6943); alle antiche di aggiungono ora le moderne, conservate in una diversa sala della splendida Villa Medicea di Castello, a Firenze, sede attuale dell’Accademia. Elementi esterni fortemente simbolici e significativi.

Grazie a questa fervida attività, già ai primi del Seicento l’Italia riesce a dotarsi di uno strumento che, fondandosi sull’uso scritto fiorentino del Trecento, servisse da guida per gli scriventi di tutt’Italia, in una fase storica in cui si discuteva molto di quale potesse essere la lingua in grado di unificare tradizioni linguistiche variegate e difformi, diffuse nel territorio nazionale. L’unità linguistica prima dell’unità politica, raggiunta secoli dopo. Il Trecento fiorentino significa in primo luogo Dante, Petrarca e Boccaccio. Ma anche autori minori. Quel vocabolario guardava all’indietro per regolare il presente: usava il setaccio (il frullone, appunto) per separare la purezza antica della farina linguistica dalla crusca. La prima edizione del celebre Vocabolario degli Accademici della Crusca, stampata a Venezia nel 1612, si può ammirare in una splendida edizione anastatica del 2008, corredata di una monografia affidata a diversi specialisti e di un CD-Rom che ne consente la consultazione a tutto campo, per ricerche di vario tipo. L’opera ebbe grande successo: vide una seconda edizione nel 1623 e altre successive, via via accresciute, negli anni 1691, 1729-1738, 1863-1923 (tutte al sito www.accademiadellacrusca.it scaffali digitali).

L’Accademia acquistò grande fama in Europa e sul suo modello sorsero altre importanti Accademie, alcune delle quali pubblicarono i vocabolari delle rispettive lingue, guardando a quello che la Crusca aveva fatto per l’italiano, realizzando un vocabolario moderno esemplare anche per altre lingue. Quel prototipo fu adottato e imitato dai vocabolari che in tempi successivi nacquero in Francia, Spagna, Inghilterra, Germania. In Francia nel 1635 il cardinale Richelieu fondò l’«Académie Française» (il cui Dictionnaire apparve in prima edizione nel 1694). In Spagna nel 1714 sorse la «Real Academia Española (il cui Diccionario si pubblicò negli anni 1726-1739). Nel 1755 apparve il Dictionary of the English Language di Samuel Johnson, che era in rapporti con la Crusca. In Germania il principe Ludwig von Anhalt, Accademico della Crusca dal 1600, fondò nel 1617 a Weimar la Fruchtbringende Gesellschaft (Societa fruttifera), che aveva simboli e programmi simili a quelli della Crusca. Ma lì passarono oltre due secoli prima che i fratelli Grimm, dando alla luce il Deutsches Wörterbuch (primo volume edito nel 1854), citassero ed elogiassero come grande esempio il Vocabolario della Crusca

Il Vocabolario degli Accademici della Crusca fu per secoli uno strumento eccellente, fondamentale per gli scriventi italiani che in esso potevano trovare una bussola per orientarsi tra oscillazioni, incertezze e dubbi. Ma via via cambiavano le condizioni storiche e quello che andava bene tra fine Cinquecento e inizi Seicento non poteva più servire per le esigenze della società del Novecento. L’ultima edizione, iniziata nel 1863 e proseguita (senza grande lena) fino al 1923, fu interrotta dopo la lettera O: i tempi erano cambiati, le condizioni sociali e culturali erano diversissime.

I vocabolari odierni poggiano su una diversa impostazione metodologica, non hanno aspirazioni puristiche, accolgono neologismi, forestierismi, dialettalismi, termini scientifici, sono aperti alle innovazioni della lingua d’uso medio: si registra l’esistente, dominato da ampie oscillazioni. Una bussola per l’oggi che rappresenta l’eredità di un passato culturale splendido, che ci fa esser fieri della nostra storia. Possiamo esserne orgogliosi, scriviamolo senza arrossire.

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