di Bepi Martellotta
Crollo di 17 punti percentuali nell'affluenza alle urne pugliesi rispetto al primo turno. E il paradosso è che l'esito più atteso, quello dell'unica città capoluogo interessata da questa tornata elettorale è compensato dal peggior risultato in termini di partecipazione al voto: a Brindisi il calo dell'affluenza rispetto a domenica 5 giugno arriva a 26 punti percentuali. Segno evidente della disaffezione dei cittadini alla scelta, tradizionalmente più partecipata, del sindaco che dovrà governare la città per mettere una pietra tombale sul caso Consales (l'affaire rifiuti che ha coinvolto l'ex primo cittadino).
Non è andata molto meglio nelle altre province, con un calo tra il 10 e il 14% rispetto alla prima tornata, ma di certo tutti i partiti dovranno riflettere (e non poco) su quanto andato in scena alle amministrative 2016. Il Pd ha perso pezzi interi di elettorato e consumato il tracollo peggiore che la sua recente storia possa ricordare, quello dell'arco jonico: sparito dalla corsa dei ballottaggi in tutte le città richiamate al voto per il secondo turno, perfino in quelle (come Grottaglie) dove il centrosinistra aveva governato per un ventennio.
Ma non è andata meglio al centrodestra, con Forza Italia in caduta libera – dopo la diaspora dei fittiani – e Cor rimasta a difendere la bandiera a Brindisi nella speranza di espugnare la città alla sinistra. A Fitto il «colpo» questa volta è riuscito: il candidato benedetto dal Pd, Marino, ha dovuto difendersi con le unghie e con i denti in un testa a testa con la sfidante ma non ce l’ha fatta. Ed ora, toccherà ai Dem leccarsi le ferite in una città, che evidentemente, non vedeva l’ora di cambiare pagina.
Per il Pd, l’unica consolazione che resta al leader e governatore della Regione, Emiliano, è quella di Gallipoli, dove il suo «pupillo», il giovane Minerva cui aveva promesso addirittura la corsa alle primarie per la segreteria regionale del partito, ha staccato l'ex Dem Flavio Fasano: il «nuovo» ha vinto sul «vecchio», questo il modello calato dai democratici nella perla del Salento.
Quanto ai Cinque Stelle, in due casi su 16 – Noicattaro e Ginosa – sono riusciti a sbaragliare il campo arrivando alla guida della città. «Effetto Raggi», si potrebbe dire, visto l'exploit che i grillini hanno messo a segno conquistando la Capitale. Ma in realtà da un Movimento che, alle ultime regionali, aveva già fatto incetta di voti c'era perfino da aspettarsi di più in questa tornata calata nei territori. Evidentemente, solo dove il voto di protesta ha prevalso (e le conseguenti fughe degli elettori da destra e da sinistra) sono riusciti ad andare a segno.
Se un bilancio può essere tratto, in ogni caso, è che la Politica – quella cui eravamo abituati al momento del voto, scegliendo tra forze, idee e personalità diverse tra loro, proprio per questo chiamate alla prova delle urne – è definitivamente sparita. Il crescente boom delle liste civiche, che ha contraddistinto anche questa tornata amministrativa, non ha visto emergere – se non in alcuni casi – personalità delle professioni e della cosiddetta società civile che decidessero di prendere in mano il destino della città. Semmai, professionisti della politica – si pensi al già citato caso di Gallipoli – talvolta indispettiti dal partito di provenienza per mancati riconoscimenti pregressi e, per questo, intenzionati a dimostrare di essere ancora dei "capibastone" in grado di sconfiggere le logiche della "Politica" e di poter amministrare come e meglio dei loro (ex) partiti le città.
Di più: non un movimento "arancione" come pure fu quello immaginato nelle precedenti amministrative (dai Pisapia ai De Magistris), non un'irruzione di popolo (come fu quella che incoronò per ben due volte proprio Emiliano alla guida di Bari in barba ai desideri dei Dem) e nemmeno un nuovo partito, organizzato e pronto ad espugnare i feudi qui e là guidati da centrodestra e centrosinistra. Semmai, una ridda di personalità (l'uscente Lopane a Laterza, un tempo vicino ad Emiliano, o l'aspirante Chieco a Ruvo, già dirigente della Regione nel decennio Vendola) ormai affrancate dalla battaglia collettiva che i partiti, i movimenti, propongono sulla piazza politica e pronti a correre e misurarsi alle urne sul modello del «ghe pensi mi» che , da Roma a Bari, la politica di questi anni ci ha, appunto, abituato a conoscere. Tanti piccoli Renzi o Emiliano che non vedevano l'ora di mettere il tricolore sulla giacca per dimostrare che il «civismo», anche in Puglia, è decisamente meglio del «partitismo». Sarà vero? Lo diranno i cittadini tra quattro anni, sperando che quei pochi che hanno votato non si siano sbagliati di grosso.
L'ESITO DEL VOTO - Il Movimento 5 stelle conquista Roma e Torino, vincendo in 19 dei 20 comuni in cui si è presentato per le elezioni amministrative. I ballottaggi consegnano un risultato 'storicò per M5s, che ora punta al governo del Paese: "è solo l’inizio, ora tocca a noi», dice Beppe Grillo.
Virginia Raggi e Chiara Appendino, rispettivamente con il 67,2 e il 54,5% delle preferenze, guideranno dunque la Capitale e il capoluogo piemontese dopo aver messo ko il Pd. «E' un momento storico, ora parte una nuova era», ha detto la prima sindaco donna di Roma. «E' giunto il nostro tempo, dobbiamo ricucire una città profondamente ferita», le parole della neo prima cittadina di Torino.
A Napoli e Bologna gli elettori riconfermano Luigi De Magistris e il pd Virgilio Merola. A salvare i democratici è però soprattutto la vittoria del candidato renziano Beppe Sala, che dopo un iniziale testa a testa chiude in vantaggio col 51,7% contro il 48,3 di Stefano Parisi. Il centrodestra perde in molte città, con l’eccezione di Trieste dove Roberto Dipiazza scalza il pd Roberto Cosolini. Torna sulla scena Clemente Mastella, che a Benevento batte il candidato del centrosinistra Raffaele Del Vecchio.
Il Pd ammette la sconfitta «senza attenuanti» a Roma e a Torino e la «durezza» della perdita a Novara e a Trieste. Anticipata a venerdì 24 la Direzione nazionale, prevista inizialmente per il 27. «Gli italiani non credono più a Renzi», commenta il leader leghista Matteo Salvini.