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Gerusalemme tra storia e fedi nel racconto di Franco Cardini ed Enrico Franceschini

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Gerusalemme tra storia e fedi nel racconto di Franco Cardini ed Enrico Franceschini

Il ritratto della città con una religione e tre confessioni

Giovedì 03 Dicembre 2020, 12:02

Gerusalemme? Un paradosso. Una città che resta al centro di una contesa millenaria e che cresce nel fascino dei suoi tanti volti. Una città che è un mistero e una realtà, una metafora vivente fatta di storia e di futuro, di muri e di aperture. Un contrasto continuo, ma anche una sintesi tra un passato arcaico e il volto attuale da megalopoli, con i quartieri che si sviluppano attorno a quella Via Dolorosa, la stessa in cui passò Cristo in croce e l’identità contemporanea di un vissuto da raccontare ogni giorno, ogni attimo.

In un periodo in cui i viaggi sono limitati, immaginare luoghi solo apparentemente lontani fa bene. Per questo i «Dialoghi postmeridiani», quest’anno online, nati a Bari dopo le prime due edizioni di successo dalla collaborazione tra Società editrice il Mulino e l’associazione culturale Donne in Corriera presieduta da Gabriella Caruso, sono un modo di proseguire il percorso geografico riflettendo sul tragitto culturale, compiendo passi che permettono un itinerario di riflessione a tutto tondo. Dopo gli incontri su Praga e sull’identità, domani, 4 dicembre alle 18.30, l’appuntamento dedicato a Gerusalemme, con lo storico Franco Cardini e il giornalista e scrittore Enrico Franceschini, moderatore Pino Donghi.
Se Franco Cardini, autore del volume Gerusalemme. Una storia, edito dal Mulino, compirà un itinerario storico-geografico della città come avventura interiore e non solo, Enrico Franceschini, che ha vissuto cinque anni e mezzo in Israele, racconterà la Gerusalemme attuale e la sua identità. Abbiamo rivolto ad entrambi alcune domande.

Cardini, dalle sante colline alla Gerusalemme cristiana, dall’orientalismo all’imperialismo fino al difficile futuro della città, la sua definizione di «paradosso» che, partendo da Torquato Tasso, ha tracciato nel libro, è la metafora di cielo e pietre di questo luogo. Come la spiega?
«Credo che visitare Gerusalemme non sia facile. C’è chi ci arriva dopo aver letto tante cose e può non riconoscerne il volto attuale e c’è chi conoscendo la storia dei monumenti può non ritrovarsi. Ecco perché ho cercato di collegare Gerusalemme alla dinamica storica, cercando una formula empirica. E il «paradosso» è il sostantivo che mi viene in mente per questa città, che a mio avviso ha una religione sola e tre confessioni, la religione del Dio d’Abramo. Un paradosso che Gerusalemme si porta dietro dalla sua fondazione e poi dagli eventi dell’ultimo secolo che hanno invece complicato tutto, compreso il nuovo apporto del movimento sionista».

Nel suo saggio, c'è una proposta di visita che prende le mosse dalle «stelle già dal tramonto» citate da Fabrizio De Andrè. Da dove partirebbe per una visita ideale di Gerusalemme?
«Partirei dalla necessità di avere una visione generale delle cose e quindi non con lo spirito del ciclista, che vede in ogni curva cambiare prospettiva, ma con lo sguardo del paracadutista, la visione generale dall’alto. A volte, quando accompagno qualcuno per Gerusalemme, mi capita di partire dalla porta di Giaffa, la più vicina al mare, in modo da spiegare le diverse stratificazioni. Ma in realtà io comincerei dalla spianata del Tempio, dai mille anni prima di Cristo, per poi seguire una logica di tipo storico. Certo, tra paratie, polizia e difficoltà di una megalopoli, visitare Gerusalemme non è facile, ma camminare nella Storia si può».

Franceschini, lei ha lavorato anni in Israele come corrispondente di «Repubblica». Ha intervistato leader come Arafat e Shimon Peres, ha raccontato le continue cronache di Gerusalemme al centro di contrasti. Quale il ricordo a cui è più affezionato?
«I ricordi sono tantissimi. Ma se dovessi pensare alle tante persone incontrate, ho un bel ricordo vivo dello scrittore David Grossman. Mi colpì molto il fatto che avesse scelto di vivere fuori Gerusalemme, alle porte della città e me lo spiegò dicendo che quella che era detta “città dell’amore” era invece diventata “città dell’odio” e che lui se ne sarebbe stato lì alle porte di Gerusalemme aspettando il ritorno dell’amore dopo tanto odio».

Ma l’odio e i contrasti come si percepiscono nella vita quotidiana della città?
«La città nuova è d’avanguardia. Ma ovviamente resistono il quartiere ultraortodosso in cui ad esempio il sabato non si guidano nemmeno le auto, la Gerusalemme araba, i quartieri detti cristiano, arabo, ebraico, armeno... C’è la via Dolorosa in cui è passato Cristo in croce e c’è il Muro del Pianto, il luogo in cui Maometto passò verso il cielo... Insomma, la separazione è molto presidiata dalla polizia e dall’esercito e la tensione si sente non solo fra le religioni diverse, ma anche all’interno di ogni singola religione. Cattolici e ortodossi: pensi che ci sono turni per gli altari e che ad esempio alla Chiesa della Natività di Betlemme, il portone del Santo Sepolcro è affidato ad un musulmano in modo da evitare contrasti tra le confessioni cristiane».
In un viaggio solo, ci sono tanti viaggi. Davvero Gerusalemme è un affascinante enigma.

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