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«Souvenir mortali» l’Ambasciata russa mostra al mondo mine fatte a Bari

«Souvenir mortali» l’Ambasciata russa mostra al mondo mine fatte a Bari

 
Marisa Ingrosso

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Marisa Ingrosso

«Souvenir mortali» l’Ambasciata russa mostra al mondo mine fatte a Bari

Il passato nero di Bari è tornato a galla ieri a mezzogiorno sui social ufficiali dell’Ambasciata russa in Italia.

Martedì 10 Gennaio 2023, 09:02

10:49

BARI - Il passato nero di Bari è tornato a galla ieri a mezzogiorno sui social ufficiali dell’Ambasciata russa in Italia. «Queste mine di fabbricazione italiana TS/6.1, TS50 e TS/2,4 (MATS/2) sono state disinnescate da genieri russi sul territorio ucraino. E quanti di questi “souvenirs dl’Italie” rimangono ancora lì? Le persone ne soffriranno per molto tempo a venire…”. Questo il testo esatto, refusi inclusi, pubblicato su Facebook e su Twitter e accompagnato dall’immagine di quattro ordigni di varia misura, ciascuno con un un cartellino: tre col tricolore italiano, uno con quello del Belgio.
Mine. Mine antiuomo.

Quel «click» quasi mai mandava la gente al cimitero. L’obiettivo era più subdolo: fabbricare nel Paese nemico un esercito “alleato” di mutilati, inabili a combattere però capaci di drenare cure e risorse. Una crudeltà vigliacca che fu messa al bando dalla Convenzione di Ottawa del 1997.

Di questi oggetti mortali, disseminati su centinaia di migliaia di chilometri quadrati in ogni angolo del globo, proprio a Bari negli anni Settanta e fino alla fine dei Novanta c’era un super-produttore. Si chiamava Tecnovar ed era guidato da Ludovico Fontana. Oggi quel passato ritorna: le mine mostrate dai russi sembrano indicare proprio modelli Made in Bari. Il fatto che la Federazione Russa ora le usi così, con messaggi in mondovisione (in italiano e russo), quasi puntando il dito verso la città che ospita i resti mortali di San Nicola si presta a innumerevoli “letture”... nessuna delle quali, evidentemente, va a genio a Roma.

È durissima la replica del ministro della Difesa, Guido Crosetto, secondo cui Mosca «mente sapendo di mentire» con «informazioni volutamente fuorvianti, non veritiere e gravemente denigratorie» e le autorità russe sono responsabili di una «allusiva e tendenziosa propaganda contro il nostro Paese, che ha sempre rispettato le norme del diritto internazionale». Il ministro della Difesa ha detto che gli ordigni «ricordano mine di fabbricazione italiana Valsella/Tecnovar, che non possono essere italiane per una moltitudine di ragioni». Primo, perché «la produzione di mine antiuomo in Italia si è interrotta più di 28 anni fa con una moratoria del governo italiano e la successiva legge che le mise definitivamente al bando, a partire dall’adesione del nostro Paese, tra i primi firmatari del trattato di Ottawa contro le mine antiuomo». Inoltre, «mine antiuomo di produzione italiana sono state esportate solo fino agli inizi degli anni ‘90», ha aggiunto Crosetto diffidando «la Russia e i suoi terminali diplomatici dal continuare a propagare notizie false su questo argomento».

Crosetto ha ragione. Quando chiuse la Tecnovar, Vito Alfieri (il figlio di Ludovico), farà lo sminatore nei Balcani con Intersos e oggi spiega: «Quelle parti in plastica nella foto sono nostre sì ma è roba di oltre 40 anni fa. La più recente è di 35-36 anni fa. Alcune risalgono al ‘79. È roba che fu venduta al Ministero della Difesa egiziano. Si figuri che giro hanno fatto». Anche o solo all’Egitto? «Solo - risponde - non vede che sono gialle? Sono per ambiente desertico. Se si vuol fare qualcosa per l’Ucraina si danno quelle con plastica verde kaki».

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